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Ascoltare l’Oceano: Taloi Havini a Venezia.

Il suono e i sensi come strumenti di ascolto profondo per ripensare il nostro rapporto con l’Oceano: la curatrice Chus Martinez racconta “The Soul Expanding Ocean # 1 :Taloi Havini”, ambiziosa mostra personale dell’artista organizzata da TBA21 – Academy presso Ocean Space a Venezia.

Quale luogo migliore di Venezia per ripensare il nostro rapporto con le acque del Pianeta Blu, alla luce dell’evidenza che mari e oceani, e tutti gli ecosistemi connessi, portano il peso maggiore della crisi climatica? La Chiesa di San Lorenzo a Venezia e’ stata infatti scelta come sede di Ocean Space, centro planetario per ispirare e promuovere dibattito e conoscenza profonda in difesa degli oceani attraverso la lente dell’arte contemporanea, fondato e guidato da TBA21- Academy.

The Soul Expanding Ocean#1 : Taloi Havini, personale dedicata all’artista, fa parte di un programma espositivo biennale promosso da TBA21- Academy e curato dalla curatrice, storico dell’arte e scrittrice Chus Martinez, direttore artistico di Ocean Space per il 2021 e 2022. La mostra sara’ visitabile non appena le indicazioni del governo consentiranno la riapertura delle istituzioni culturali del Veneto e si svolgera’ fino al 17 ottobre del 2021.

Nata nella Regione autonoma di Bougainville nel Pacifico sudoccidentale Taloi Havini vive e lavora a Sidney, in Australia. Il suo lavoro esplora luoghi e traumi storici connessi all’Oceania, i suoi ecosistemi e la trasmissione delle Conoscenze Indigene utilizzando fotografia, scultura e videoinstallazione. Nel novembre e dicembre del 2020 ha trascorso una residenza sulla nave R/V Falkor nella Grande Barriera Corallina australiana, nell’ambito del programma Artist-At-Sea di Schmidt Ocean Institute, studiando un’avanzata tecnologia di mappatura sonora del fondo oceanico. La risposta di Tavini alla residenza e’ filtrata attraverso l’epistemologia della cultura indigena Hacko di navigazione nello spazio e nel tempo, che attinge ad un metodo sonico di chiamata e risposta.

Cuore della mostra nella Chiesa veneziana, la scenografiica installazione “Answer to the Call” evoca le diverse profondita’ del mare, con una piattaforma centrale circondata da 22 diffusori acustici, che riproduce l’isola di Buka. Al centro dell’installazione, lo spettaore si trova immerso in un intreccio di tracce sonore, proiettato in un ascolto attivo e profondo dell’oceano: canti, strumenti che evocano i naviganti antenati di Havini e le registrazioni subacquee della mappatura sonar eseguita sulla R/V Falkor.

La curatrice Chus Martinez racconta in questa intervista il lavoro di Taloi Havini, e parla della necessità di ripensare radicalmente i paradigmi del nostro rapporto con gli Oceani ed il Pianeta.

Ritratto Chus martinez- Ocean Space Venezia
Ritratto di Chus Martinez. Foto: Nici Jost.

The Soul Expanding Ocean#1: Taloi Havini nasce dalla residenza di Taloi Havini a bordo della R / V Falkor. Qual era il compito dell’artista a bordo e come ha vissuto questa esperienza in generale, e in particolare la mappatura sonora della Grande Barriera Corallina?

Chus Martinez: Spero di rispondere in modo accurato al posto di Taloi. Il suo ruolo era osservare il lavoro degli scienziati e riflettere sui loro metodi e sul loro linguaggio, per osservare come nominano e mappano un’area del mondo a lei così cara, vicino alla sua casa. La questione del tempo e la sua misurazione attraverso strumenti scientifici allude alla consapevolezza della differenza tra epistemologie indigene e scienza moderna.

Taloi ha affrontato queste differenze rispetto alla denominazione e al vivere in un tempo non lineare. La scienza moderna afferma di essere interessata a questi approcci, ma molto raramente questo si traduce nelle loro pratiche, e penso che per questa ragione sia importante creare costantemente delle opportunità per farlo.

In questo senso, la residenza è stata una rivalutazione di azioni fondamentali per entrambe le comunità, in un’ottica che richiede apertura e anche l’inclusione di diversi parametri nella mappatura e denominazione di un territorio che spesso ha anche altri nomi, dati da coloro che vivono in queste regioni. Nel complesso, credo, è stata un’esperienza molto fertile e positiva.

The Soul Expanding Ocean #1 : Taloi Havini

La mappatura multiraggio usa il suono per creare un’immagine e una mappa del fondo del mare. Queste immagini sono state create durante la residenza di Taloi Havini nel programma Artist-At-Sea, Grande Barriera Corallina, dicembre 2020. “The Soul Expanding Ocean #1: Taloi Havini” è commissionata da TBA21–Academy e coprodotta con Schmidt Ocean Institute, co-fondato da Wendy Schmidt. Foto per gentile concessione dello Schmidt Ocean Institute

In che modo il lavoro di Havini si relaziona alle idee occidentali di cartografia, una posta in gioco nelle battaglie di molte comunità indigene per rivendicare la propria terra?

Chus Martinez: Il suo lavoro non si riferisce, o non intenzionalmente, alla nostra concezione di mappatura. Né lei, in questo lavoro, affronta l’argomento di reclamare un territorio. Ha concepito una sostanza filosofica attraverso un brano sonoro con cui sperimentare il tempo e lo spazio alla stessa maniera delle culture indigene. Siamo dentro al suono – i venti creati dal respiro, le acque, i tamburi, la relazione dialogica tra questi elementi sonori, musicali – e siamo automaticamente lì con gli interpreti, con Taloi. La risposta alla chiamata è la nostra capacità di sentire il potere dell’intreccio tra suono e presenza, spazio e tempo.

Tutti diventiamo uno, siamo letteralmente trasportati nelle isole del Pacifico, verso il loro modo di relazionarci, comunicare, al loro ethos e persino alle loro leggi. Il fatto che in tutti questi mesi non ci siamo potuti incontrare ha creato il bisogno di incontrarci. Il fatto che in tutti questi secoli le culture occidentali siano state così violente, così in diniego, ha anche creato le condizioni per un’epoca diversa, in cui, si spera, ripareremo e ci relazioneremo secondo le regole della cura. Queste chiamate – la chiamata del passato e la chiamata del presente – s’incontrano in questo immenso pezzo.

Taloi Havini i sulla R/V Falkor durante la sua residenza nel programma Artist-At-Sea, Grande Barriera Corallina, dicembre 2020


Taloi Havini sulla R/V Falkor durante la sua residenza nel programma Artist-At-Sea, Grande Barriera Corallina, dicembre 2020. “The Soul Expanding Ocean #1: Taloi Havini” è commissionata da TBA21–Academy e coprodotta con Schmidt Ocean Institute, co-fondato da Wendy Schmidt. Foto per gentile concessione dello Schmidt Ocean Institute.

La mostra fa parte della missione di Ocean Space di rivalutare conoscenza e percezione attuali dell’Oceano attraverso i sensi e attraverso narrazioni non europee. Quale esperienza estetica offre Taloi Havini agli spettatori nello spazio espositivo per affrontare questa sfida?

Chus Martinez: Ho in parte già toccato questo argomento. La nostra prima intenzione era creare le condizioni perché Taloi desse vita ad un nuovo lavoro secondo i suoi termini. Non è un rapporto d’interesse in cui gli artisti aiutano noi occidentali a comprendere meglio le miserie del nostro passato. Penso che ormai siamo in grado di conoscere l’impatto delle nostre azioni e di avvicinarci a modi di pensare diversi dai nostri.

Ciò che è importante – a mio avviso – è creare situazioni adeguate in cui non possiamo evitare questa chiamata. In questo senso, lavorare continuamente con artisti come Taloi garantisce sicuramente l’emergere organico di un diverso legame tra le culture. Ci prepara davvero a diventare i ricettori che dobbiamo essere per imparare, per amare. Questo è fondamentale, ma solo se facciamo del nostro meglio per ascoltare, per allenare i nostri sensi in modo diverso.

 Vista della Grande Barriera Corallina. Grande Barriera Corallina, dicembre 2020. “The Soul Expanding Ocean #1: Taloi Havini”

Vista della Grande Barriera Corallina. Grande Barriera Corallina, dicembre 2020. “The Soul Expanding Ocean #1: Taloi Havini” è commissionata da TBA21–Academy e coprodotta con Schmidt Ocean Institute, co-fondato da Wendy Schmidt | Foto per gentile concessione dello Schmidt Ocean Institute. 

Cosa significa per Taloi Havini dover fare i conti con la doppia appartenenza alla cultura di Bouganville e australiana?

Chus Martinez: Non posso davvero rispondere a questo per conto di Taloi. Posso solo dire che parla e si rivolge a entrambe le culture. La mia impressione è che lei padroneggi un modo organico di comprendere le contraddizioni e che promuova la ricchezza che entrambe le culture possiedono.

Taloi Havini: Answer to the Call, 2021. Veduta della mostra The Soul Expanding Ocean #1: Taloi Havini, Ocean Space, Venezia.
Taloi Havini: Answer to the Call, 2021. Veduta della mostra The Soul Expanding Ocean #1: Taloi Havini, Ocean Space, Venezia. Commissionata da TBA21–Academy e coprodotta con Schmidt Ocean Institute, co-fondato da Wendy Schmidt |Foto: gerdastudio.

Le risposte politiche del mondo occidentale alla crisi climatica sembrano inclini ad una lettura tecnocratica e scientifica dei problemi ambientali piuttosto che a cambiare il modo di vivere e governare il pianeta. Quanto è importante ridefinire il concetto di natura e un cambiamento del nostro modo di immaginarla per rivedere questo equilibrio?

Chus Martinez: Tocca un aspetto molto importante. Vediamo ancora il pianeta come una risorsa, al servizio dei bisogni umani. Il suo scrutinio attraverso una gamma di strumenti tecnologici complessi, agisce tante volte come uno scudo – un bastione – che ci protegge dal dovere di apprendere l’azione dell’Oceano, la voce degli elementi, le epistemologie di tutti coloro che vivono a stretto contatto con esso.

Allo stesso tempo, soffriamo direttamente delle conseguenze della pulsione di ‘estrazione’ occidentale. Generando non solo la consapevolezza di questi problemi, ma un organo che ci consentisse di sentire la Terra in modo diverso, potremmo annullare quelle azioni distruttive. Dobbiamo amare, non di più, ma in modi radicalmente diversi. L’emergenza climatica è una versione della violenza domestica, stiamo distruggendo la nostra casa.

Taloi Havini: Answer to the Call, 2021. Veduta della mostra The Soul Expanding Ocean #1: Taloi Havini, Ocean Space, Venezia.
Taloi Havini: Answer to the Call, 2021. Veduta della mostra The Soul Expanding Ocean #1: Taloi Havini, Ocean Space, Venezia. Commissionata da TBA21–Academy e coprodotta con Schmidt Ocean Institute, co-fondato da Wendy Schmidt |Foto: gerdastudio.

A proposito di ‘pulsioni di estrazione’, in una serie di lavori intitolata The Blood Generation, Taloi Havini, in collaborazione con il fotografo Stuart Miller, ha affrontato il tema della devastazione ambientale causata da una miniera a cielo aperto, la Panguna Copper Mine (attiva dal 1972 al 1989) che ancora oggi incombe sui destini di Bougainville. In che modo questo lavoro si collega alla pratica corrente di Havini?

Chus Martinez: Nella mia interpretazione, la sua concezione del tempo e delle azioni nel tempo è diversa dalla nostra. I lavori precedenti quindi non si riferiscono etimologicamente allo sviluppo di nuovi. La pratica non riguarda il progresso, non si tratta di passare ad un argomento successivo. Tutti questi elementi rimangono. I lavori precedenti potrebbero non essere nel passato, ma seguire il nuovo lavoro creato per Venezia.

Con questo intendo che ritornano le opere e le domande e lo fanno creando non una ripetizione, ma un repertorio, un sistema di relazioni in un universo che non cerca di creare una denuncia o un codice morale particolare, ma un luogo, un luogo vero dove possiamo sentire, possiamo ascoltare, possiamo pensare, possiamo parlare una nuova lingua.

In un discorso che Lei ha tenuto di recente, ha affermato che per ripensare la pratica artistica abbiamo bisogno di ‘resettare’, cioè dimenticare la cultura per posizionarci in una prospettiva non umana. Può spiegare questa affermazione? Come tratta questo problema nella Sua pratica curatoriale?

Chus Martinez: Resettare può essere immaginato in molti modi, come una serie di esercizi che allenano la nostra mente e il nostro corpo in modo diverso. Ma anche, parallelamente, come una serie di esercizi tecnologici che addestrano le lenti delle telecamere a non assomigliare agli occhi umani, ma agli occhi di un delfino, di un pesce. Anche come un esercizio filosofico per esporsi ad altre epistemologie e logiche differenti di pensiero.

È come un’enorme installazione sonora dove viaggiare nel tempo, un ‘ponte ologrammi’ per trasportarci nel Pacifico mentre i nostri corpi restano a Venezia. Tutte queste operazioni e molte altre si stanno svolgendo contemporaneamente – e l’entusiasmo delle scuole d’arte, delle mostre e degli istituti di scienze che si uniscono a questo terreno di gioco può fare la differenza. Vale la pena provare!

Taloi Havini. Habitat: Konawiru, 2016 (still) single-channel 16:9, HD
Taloi Havini. Habitat: Konawiru, 2016 (still) single-channel 16:9, HD

Ha anche affermato che vede un cambiamento nel modo in cui gli artisti che lavorano con la natura, trattano i materiali e parlano di esperienza. E che questo cambiamento sta lentamente penetrando anche nelle istituzioni artistiche. Mi può fare un esempio?

Chus Martinez: Un paio di settimane fa ho scritto “Eppure mi è sembrato così difficile inondare le istituzioni con questa esperienza. E se loro – le voci critiche che costituiscono alcuni media mainstream, certe opinioni accettate sulla funzione dell’arte e degli artisti – liquidassero tutto come un debole tentativo di conquistare il cuore del pubblico senza prenderlo ulteriormente in considerazione? Oh, tutto ad un tratto, il mondo dell’arte è stato preso dalla preoccupazione per l’organizzazione: sistemi di visualizzazione, partecipazione, e tutto si traduceva in un chiaro granitico di forma e funzione. Il cubo bianco, i suoi tratti negativi e la pretesa neutralità erano di nuovo importanti.

Come creare allora un’esperienza diversa? Una così grande, così potente che avrebbe fatto dimenticare al mondo occidentale per un po’ ‘- o meglio, per sempre – quel modello. E ancora, il Museo! Sembrava che stessimo discutendo delle premesse fornite da Microsoft per creare un nuovo documento di testo.

È stato probabilmente a questo punto che ho sentito l’energia venire in nostro soccorso, energia che emergeva dagli artisti che si esibivano. Muoversi, ballare, creare rituali, invocare e riprogrammare le condizioni di cui potremmo aver bisogno per una trasformazione radicale verso la giustizia sociale. Con la performance entrava in scena anche la tecnologia, e anche tutti gli artisti investivano nella natura, nelle epistemologie indigene, nella cura … A poco a poco le parole che si dicevano, la ricerca condotta, tutto ciò che per decenni sembrava ordinato in categorie – come il femminismo, l’ecologia o l’attivismo, iniziarono ad avvicinarsi e toccarsi.

Non che stia già accadendo nei programmi, o che si rifletta veramente nelle strutture dei sistemi artistici o anche nell’educazione artistica, questo è ancora da venire. Ma sento davvero che il significato di un mondo non binario sta iniziando a formarsi. Cosa dice? Esprime la possibilità – senza una goccia di utopia – di vivere senza la violenza imposta dalle separazioni binarie. Vivere senza violenza: non è forse questa l’arte? Può raffigurarla o affrontarla, ma il suo scopo ultimo è tenerla fuori dal regno del reale.

Una nuova era richiede un nuovo essere umano: un essere umano capace di una descrizione del mondo senza il disastro, senza il dualismo tra paradiso e inferno, uomo e natura. L’esercizio di adattamento – delle nostre menti, dei nostri corpi, delle nostre cellule – ad un’interpretazione della vita come pratica delle relazioni reciprocamente produttive di conoscenza, pensiero e cura, che hanno forma all’interno di mutevoli rapporti di potere, mi sembra il contributo più grande di arte e artisti. Inventare e praticare nuove forme d’indagine rivela l’inadeguatezza delle nostre istituzioni, ma soprattutto il ruolo che i sensi giocano nel far raccontare al linguaggio una trasformazione epistemologica che comporta una metamorfosi etica della conoscenza, del pensiero e della cura”.

Penso che questo riassuma l’idea che gli artisti sono coloro in grado di creare la differenza ‘dentro’.

Cosa rende Ocean Space a Venezia diverso dagli altri musei?

Chus Martinez: Ocean Space è più di un museo. È un’ambasciata per promuovere un rapporto più profondo con l’Oceano attraverso la lente dell’arte, per ispirare cura e azione. In qualità di sede planetaria di TBA21-Academy, e’ un incubatore per la ricerca collaborativa, la produzione artistica e di nuove forme di conoscenza. Combinando arte e scienza, le attività vanno oltre l’esposizione e l’esposizione.

Ocean Space, Chiesa di San Lorenzo
Ocean Space, Chiesa di San Lorenzo, Foto: Nicolò Miana
Fonti e approfondimenti:

- sito ufficiale di Taloi Havini
 
-Sede: Ocean Space- Chiesa di San Lorenzo- Campo San Lorenzo, Castello 5069, 30122 Venezia.  

-Date di apertura: Non appena le restrizioni lo consentiranno–17 ottobre 2021
Commissionata da TBA21–Academy e coprodotta con lo Schmidt Ocean Institute, co-fondato da Wendy Schmidt. 
Lo sviluppo di questo nuovo lavoro è stato sostenuto da un Artspace Studio Residency. -



Alessandra Alliata Nobili

Founder e Redazione | Milano
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