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WopArt- works of art on paper: Paolo Manazza racconta la fiera

Se domandate a un collezionista com’è iniziata la sua passione, molto probabilmente vi risponderà: con un’opera su carta. Ed è altrettanto probabile che il fascino del segno su carta, seme del processo creativo, prima o poi catturi anche gli appassionati dei generi artistici meno tradizionali. Per questo alle opere su carta, il mercato ha dedicato negli ultimi anni un’attenzione crescente.

WopArtWork on Paper Fair, fiera internazionale dedicata alle opere su carta, ritorna a Lugano al Centro Esposizioni dal 19 al 22 settembre 2019 per la sua quarta edizione, accompagnata da un comprensivo programma di eventi e talk.

Ideata e fondata dal giornalista Paolo Manazza, la manifestazione deve il suo successo e la sua crescita, quest’anno con circa 70 gallerie in settemila metri quadri di spazio espositivo, a un format felice focalizzato su un argomento specifico, quindi con un target chiaro.  WopArt propone con una serie di talk, 4 mostre collaterali e 6 aree tematiche, uno sguardo molto approfondito su un campo artistico vasto quanto vario, mirando ad aumentarne il prestigio.

La fiera propone gallerie affermate internazionalmente, e gallerie ‘giovani’ con artisti internazionali che trovano spazio nella sezione Emergent, per evidenziare il potenziale delle opere in carta di coinvolgere esperti dal palato raffinato, così come giovani che si affacciano al collezionismo con un budget limitato. In un’ottica di crescita quindi, WopArt si allinea con una formula da tempo vincente, che coniuga mercato e produzione culturale.  Ne abbiamo parlato con Paolo Manazza, divagando un po’ su mercato dell’arte e collezionismo.

WopArt 2018-Photo Dnamicon

Che cosa ha dettato la scelta Lugano, e non di Milano, come sede della fiera?

Paolo Manazza: Principalmente una ragione geografica, Lugano è ancora più centrale di Milano rispetto all’Europa. Le gallerie che hanno aderito a Wopart in questi anni, e particolarmente a quest’ultima edizione, sono per la maggior parte di provenienza internazionale, gallerie che lei non trova ad Arte Fiera a Bologna, a Miart a Milano o ad Artissima a Torino, o ad ArtVerona. Abbiamo da poco ricevuto una richiesta di partecipazione da una galleria nigeriana, solo per fare un esempio.

In seconda battuta per una serie di complicanze di natura burocratica che caratterizzano il rapporto fra amministrazione e cittadino in Italia, che hanno convinto parecchi galleristi ad aprire le loro sedi in paesi come la Svizzera e la Gran Bretagna.

Inoltre abbiamo seguito le indicazioni di studi di aziende del settore che hanno verificato che la sicurezza percepita da parte dei collezionisti è maggiore in Svizzera, percezione che è alla base del successo di Art Basel.  Proprio ieri è uscito il report annuale del colosso bancario HSBC sui luoghi nel mondo dove la qualità percepita di vita e lavoro sono migliori, indicando la Svizzera al primo posto.

Maria Lai, senza titolo,2004, filo stoffa, cm.19×32. Courtesy M77 Gallery.

Uno dei temi dei Talk di WopArt quest’anno è The Democracy of Paper. Lei ha accennato, in conferenza stampa, al concetto di ‘democrazia’ legato alle opere in carta. Ha però più volte sottolineato l’importanza del ‘glamour’ in questa quarta edizione. Come coniugate in termini pratici queste due anime della fiera?

Paolo Manazza: In realtà io ho sottolineato, come suggeriscono anche alcuni studi recenti, che nei mercati d’alta gamma alla parola “lusso” si è sostituita quella di “eccellenza”.  Il lusso coincide con la sovrabbondanza, mentre l’eccellenza, ovvero il glamour, con la qualità del manufatto d’arte, che esso sia su carta o no. Ovviamente i costi sono diversi. La Democracy of paper va intesa nel senso vi può accedere una platea più ampia, con una diffusione maggiore della cultura.

Irving Petlin, Storms (d’apres Redon) – Burning Sea, 2011, pastello 51x65cm. Courtesy Galerie Ditesheim & Maffei Fine Art SA

Proprio a questo proposito mi parla dei Project space? Questi spazi di progettazione sono intesi per catturare l’attenzione di un pubblico più giovane e allargare la piattaforma degli “spenders”?

Paolo Manazza: I Project Space, presenti a WopArt per la prima volta, definiscono una nuova direzione all’interno della fiera, mirando ad acquisire un pubblico non necessariamente più giovane, ma più contemporary, concentrato sull’aspetto del contemporaneo, dell’oggi: quello che noi chiamiamo “contemporary now”, la cui tendenza è quella di una tensione critica nei confronti del mercato.

Questi spazi di progettazione, che arriveranno da tutto il mondo, dall’Ungheria al Messico, dagli Stati Uniti all’Austria, solo per fare alcuni esempi, sono formati da giovani che desiderano un approccio all’arte molto più divulgativo, in un certo senso “Banksyano”.  Infatti stiamo in questi giorni definendo un talk proprio su Banksy, in cui io ed un altro professionista esporremo dialetticamente i pro e i contro del suo modo di operare.

WopArt 2018- Photo Dnamicon

Se questo coinvolgimento di un pubblico piu’ ampio avesse successo, pensa che aiuterebbe a creare un ecosistema dell’arte più equilibrato di quello odierno? Parlo di un sistema dove la stragrande maggioranza degli artisti giovani (e non) fa una gran fatica, mentre dall’altra pochissimi, sempre gli stessi, raggiungono quotazioni stratosferiche…

Paolo Manazza: Sicuramente farebbe bene, ma come soggetto coinvolto dal momento che sono pittore anch’io, sono del tutto consapevole che è la guerra di un granello di sabbia contro un maciste. Questa situazione paradossale ha una sola causa: negli ultimi vent’anni, mercato primario e secondario si sono intrecciati e confusi. Le grandi case d’aste come Sotheby’s e Christie’s, si sono imposte come sistema di valorizzazione degli artisti, assumendo il ruolo delle gallerie, e le gallerie stesse si sono fatte depauperare. Inoltre il circuito dei grandi musei e dei grandi curatori, proprio perché spesso non è limpido nei suoi meccanismi, sta inevitabilmente morendo, almeno questa è la mia percezione.

Che consiglio darebbe a chi inizia a collezionare opere su carta?

Paolo Manazza: Studiare tantissimo, controllare pubblicazioni e stato di conservazione di un’opera e i passaggi di mano. Più un’opera ha una provenienza importante, più è interessante da collezionare. Noi vogliamo offrire un panorama eclettico, dagli Old Masters al Contemporary, dando spazio anche alle gallerie emergenti nella sezione Emergent e Dialogues, che comprende arte contemporanea e fotografia, ma tenendo molto ferma la barra sui concetti di selezione e qualità.

Principalmente chi visita WopArt?

Paolo Manazza: È aperta proprio a tutti, tanto che abbiamo impostato una vasta campagna di affissioni a Milano che usa l’immagine di un’opera molto popolare dalla serie dei ritratti di Mao Tse Tung di Warhol. Ci piacerebbe attirare anche un pubblico giovane, per questo nei Project Space ci saranno anche opere acquistabili a cinque franchi di artisti che vengono da tutto il mondo; se si acquista un artista emergente, potrebbe accadere che fra dieci anni, ci si ritrovi con un’opera da cinquantamila franchi…

Gilberto Zorio, Stella fosforescente, 2003, pennarello, carboncino, fosforo e sabbia di Stromboli, cm.300×360. Courtesy Galleria Poggiali.

WopArt quest’anno sviluppa il suo progetto estendendolo al territorio urbano. Lugano e Milano potrebbero sviluppare altre partnership come poli artistici?

Paolo Manazza: Lei corre molto con l’immaginazione! Noi abbiamo in animo di creare degli incontri fra le due amministrazioni. Quest’anno vorremmo riproporre la partnership con loSpazio -1 della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, e stiamo mettendo a punto quella con lo spazio straordinario della Fondazione Gabriele e Anna Braglia. Come molti centri europei che in parte hanno perso appeal finanziario, anche Lugano sta investendo molto sulla cultura, non a caso il nome del Museo LAC è acronimo di Lugano Arte e Cultura.

Durante la settimana di WopArt, a partire da quest’anno e ancora di più negli anni successivi, vorremmo che proliferassero decine di manifestazioni culturali di diversa matrice. Durante questa edizione molte gallerie resteranno aperte, e saranno organizzati anche momenti d’incontro e feste, per questo giocheremo sul nome Wo-party.

WopArt 2018-Photo Dnamicon

Se non sbaglio ha parlato di WopArt come un format esportabile, avete già dei progetti?

Paolo Mannazza: ne stiamo discutendo, ma è ancora presto per parlarne. Ma assolutamente è un format esportabile. Ci sono diverse fiere al mondo di opere su carta, ma WopArt in tre anni è diventata la prima fiera di opere su carta in termini di quantità e qualità delle opere.

Milano oggi è ancora un luogo privilegiato dai giovani artisti?

Paolo Manazza: La Milano di questi ultimi anni, grazie anche alla politica culturale portata avanti dalle ultime amministrazioni, si presenta come una grande città internazionale dove c’è un’atmosfera culturale, dall’arte alla letteratura, dalla musica al cinema, in fortissima crescita.

E il collezionismo italiano, rispetto ad un ecosistema globale dell’arte, è ancora un collezionismo illuminato e colto?

Paolo Manazza: Esistono due facce della stessa medaglia, un collezionismo italiano colto ma anche un po’ provinciale. Credo però che la tendenza generale sia quella di una fortissima globalizzazione nel concetto di collezionismo che, se si sviluppasse secondo un parametro intelligente, potrebbe diventare ‘glocal’, globale e locale, trasformando il provincialismo in una risorsa. Questo non è molto facile se il sistema dell’arte viene governato da case d’asta o centri di potere museali che hanno sempre meno senso.

Paolo Amico, On-Off,2019, penne a sfera su carta, 59×137,5cm. Photo Paolo Amico. Courtesy the artist and Floris Gallery.

Per concludere, tempo fa lei ha detto che una possibile interpretazione del mondo da un punto di vista dell’estetica è anche più proficua di una visione solo economico-centrica. È ancora della stessa opinione?

Paolo Manazza: Quello a cui lei accenna è un dibattito molto complesso. Per esemplificare riporto un esempio che fece Bill Clinton in un discorso a Roma subito dopo il termine del suo secondo mandato. Parlò, portando come esempio una fetta di pane e spalmandovi sopra del burro, di una necessaria ridistribuzione della ricchezza nel mondo, come unico modo per evitare un’inevitabile declino del capitalismo avanzato.

Come esempio virtuoso di marketing del futuro, Clinton citò le gallerie newyorkesi, dove grandi volumi d’affari, che danno lavoro a centinaia di persone, convivono con la promozione della cultura. Ecco, io credo che l’unica strada possibile sia quella di unire cultura e business.   

WopArt 2018. Photo Dnamicon.

Alessandra Alliata Nobili

Founder e Redazione | Milano
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