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UNSTABLE | ENVIRONMENTS – Arte in Fabbrica: intervista a Fabio Gori.

Una doppia personale di Vittorio Corsini intitolata UNSTABLE e ENVIRONMENTS, curata da Marco Scotini, ha inaugurato lo scorso aprile un progetto sinergico fra la rinnovata sede milanese della storica Galleria Frediano Farsetti e Arte in Fabbrica. Iniziativa voluta dai fratelli Fabio e Paolo Gori, collezionisti di lunga data, Arte in Fabbrica è uno spazio culturale ricavato all’interno della fabbrica Gori Tessuti a Calenzano, eccellenza italiana nel campo del tessile. Diversi artisti contemporanei saranno chiamati a creare interventi site-specific in dialogo con un particolarissimo contesto industriale.

Fra i tantissimi eventi della  Milano Art Week,  l’intervento di Corsini UNSTABLE alla  Galleria Farsetti spiccava come uno dei più interessanti e  originali. L’artista livornese ha allestito uno scenario candido, dove pareti sommariamente imbiancate e un’impalcatura in legno, indicative di ‘lavori in corso’, accolgono fragili edifici di vetro in bilico su geometrie di marmo e sculture luminose, costruendo un ambiente avvolgente e intrigante.

Il concetto di abitare come condizione in perenne divenire, tipico della poetica di Vittorio Corsini, è ulteriormente sviluppato a Calenzano in ENVIRONMENTS, dove la stimolazione percettiva è affidata a giochi di luci ed ombre. Come nelle sculture a muro Fabio’s house e Paolo’s house, che riproducono in  piani sovrapposti di metallo le piante originali delle case dei fratelli Gori, o l’installazione Sotto Luce, fulva casa rotante che pende dal soffitto e proietta un carosello d’ ombre sulle pareti.

Incontro Fabio Gori in fabbrica a Calenzano per parlare del progetto, della storia di una famiglia di grandi appassionati d’arte e della loro esperienza come collezionisti.

 Come nasce l’idea di portare l’arte in fabbrica e la collaborazione con la galleria Farsetti?  

 Fabio Gori: Da quarant’anni mio fratello Paolo ed io lavoriamo insieme, qui in fabbrica, ora con i nostri figli. Per abitudine, quando pranziamo insieme ogni giorno, non parliamo di lavoro ma d’ arte, la nostra passione condivisa. La conclusione logica era quella di portare l’arte dove passiamo la maggior parte del nostro tempo. L’idea è stata accolta con entusiasmo anche dai nostri collaboratori, all’inaugurazione c’erano tutti, con le loro famiglie, orgogliosi di far parte di questa iniziativa e di questa ‘squadra’.

La collaborazione con Farsetti nasce dalla lunga amicizia delle nostre famiglie, quando ancora la nostra sede era a Firenze, vicino a quella di Farsetti. Nel momento in cui la galleria ha deciso di aprirsi al contemporaneo, è stato naturale confrontarsi su questo. Il nostro trait-d ‘union è stato Vittorio Corsini, artista a tutto tondo che conosco da tempo, e che stimo molto non solo come artista ma come persona. Fra Vittorio e la famiglia Farsetti è nata subito una grande intesa, e da qui l’intero progetto.

La vostra è comunque un’azienda molto particolare, con un’anima artistica.

Fabio Gori: Si, collaboriamo molto con il cinema. Solo per farle uno fra tanti esempi, i costumi della celebre serie “Trono di Spade” sono stati realizzati con i nostri tessuti.  Abbiamo personaggi del mondo della moda e costumisti e che vengono a trovarci da tutto il mondo, non solo da Hollywood.  E restano affascinati dall’originalità della nostra azienda, si fanno fotografare nel nostro magazzino, un luogo veramente unico. Se facessimo una corda con i milioni di metri di tessuto che abbiamo qui, potremmo più volte arrotolarla intorno al mondo!

Come si svilupperanno i prossimi progetti in fabbrica?

Fabio Gori: Noi vorremmo che questo spazio diventasse uno spazio di cultura in senso ampio, non solo d’arte visiva, ma sono sicuramente in programma altre mostre, con un focus su artisti italiani.

 

È stato Suo padre a iniziare una grande collezione negli anni cinquanta, ma già da ragazzino aveva dimostrato una vera passione per l’arte.

Fabio GoriMio padre guadagnò il suo primo milione di lire giovanissimo, aveva un’attitudine straordinaria per il commercio. Con i primi soldi guadagnati, comperò un’opera di Fanciullacci, un artista pratese. Molti gli hanno domandato perché’ ha iniziato a collezionare arte, ma lui risponde che fu probabilmente un caso, e che c’è piuttosto da domandargli perché abbia continuato a farlo per settant’anni…

Non posso non accennare alla Fattoria di Celle, uno dei musei di arte ambientale più importanti e conosciuti al mondo, creata con passione e dedizione da suo padre. La tutela della natura ha un valore particolare per voi come famiglia, come integrate questo concetto con il collezionismo d’arte?

Fabio Gori: I lavori presenti a Celle sono tutti site-specific, concepiti per essere integrati nella natura del parco, non parliamo quindi di scultura, o di arte ambientata, ma d’arte ambientale. La natura circostante è intesa come parte integrante dell’opera. Opere che sono quindi a difesa della natura e che non vogliono in alcun modo modificarla.

Ad esempio?

Fabio Gori: I Cerchi del Tempo di Alan Sonfist, che ha scelto di lavorare su una collina agricola dove già esisteva un grande cerchio di d’ulivi, dove ha creato una serie di anelli concentrici che racchiudono la storia della natura toscana. I cerchi sono formati da una siepe di alloro, usato nell’antichità per incoronare eroi e i poeti e poi il timo, thyme in inglese, per creare un gioco di parole con time, il tempo. Attorno ad esso un anello di galestro, una pietra argillosa che si disgrega nel terreno, rilasciando lentamente calore e minerali preziosi, usata per la coltivazione dei vitigni del Chianti. Al centro “la sacra foresta primordiale”, una serie di piante autoctone toscane, che sono difese e protette da rami d’olivo rinvenuti nel bosco e fusi in bronzo. Una fascia di grano viene seminata ogni anno, e nei mesi estivi forma un anello dorato che racchiude l’intera installazione.

 

Lei ha raccontato che quando era bambino la vostra casa di Prato, prima di trasferirvi a Celle, era sempre affollata di personaggi del mondo dell’arte.

Fabio Gori: Molti dei grandi artisti che hanno gravitato su Celle sono poi diventati anche amici. La casa che ora abito, ha il primo pavimento in marmo realizzato da Sol Lewitt. Giuseppe Spagnulo fece per me una persiana, ho un corrimano realizzato da Gianni Ruffi, un lucernario di Piero Dorazio e un affresco di Roberto Barni, tutte opere straordinarie, e potrei continuare a citare tanti altri amici artisti che hanno praticamente creato la mia casa.

 

Ha un ricordo particolarmente vivo riguardo a uno o più personaggi o episodi?

Fabio GoriNon solo del mondo dell’arte ma della cultura. Un personaggio che mi è rimasto molto impresso infatti, non viene dal mondo dell’arte. Era un noto giornalista milanese, Gianni Brera. Quando veniva a trovarci, prendeva fra le mani la testa di noi bambini, e faceva un’analisi ‘antropologica’ dei nostri lineamenti, leggendo un incontro fra normanni, nei miei colori, e saraceni per altri tratti somatici.

L’idea che la mescolanza di diversi popoli faccia parte del nostro patrimonio genetico mi era rimasta molto impressa, e riaffiora oggi in alcune mie scelte artistiche. Recentemente ho acquistato un’opera di Pietro Ruffo che mi ha subito ‘catturato’, dove l’Italia è rappresentata attraverso l’insieme dei personaggi di tante culture che hanno fatto la nostra storia.

Da collezionisti, come avete vissuto il cambiamento nel nuovo millennio, l’arte globalizzata che si avvicina alla finanza, cambiando sostanzialmente il modo di collezionare?

Fabio Gori: Personalmente trovo che in questo contesto gli artisti italiani siano parecchio trascurati. E sono convinto che l’arte potrebbe anche in parte dare una spinta all’immagine e anche all’economia della nazione. Bisogna ovviamente rispettarne la natura globale, giustamente l’arte non deve avere confini. Questo non esclude che si potrebbe difendere un po’ di più la nostra, ad esempio alla Biennale di Venezia, dove avevamo un bellissimo padiglione, quello centrale. Ora per raggiungere il padiglione Italia è una vera maratona…

 

E cosa pensa del ruolo delle nostre istituzioni in questo senso?

Fabio Gori: Abbiamo musei ed istituzioni eccellenti, che vanno sostenuti nel realizzare delle mostre importanti dei nostri artisti contemporanei. Tutta la ‘filiera’ dell’arte andrebbe difesa, dall’origine nelle accademie fino al mercato. Pochi hanno avuto un passato come il nostro, e non parlo solo di un passato remoto, ma degli anni cinquanta: quanti possono vantare artisti del calibro di Fontana e Burri?

Per tornare a Celle, la Fattoria è stata riconosciuta come il primo modello di arte ambientale di questo genere, a livello mondiale. Sono venuti a visitarci da tutte le parti del mondo per replicarlo. Purtroppo devo rimarcare che sono rarissimi i testi in Italiano che raccontano l’importanza dell’arte ambientale italiana nel mondo.

È stato ipotizzato che questo momento storico sia un’epoca  decadente, dove il sistema dell’arte si riproduce secondo regole semplificanti di mercato e globalizzazione, che livellano il gusto verso il basso. Cosa ne pensa?

Fabio Gori: Penso sia vero purtroppo, ed è necessario fare delle scelte di campo in questo senso. Io concepisco il collezionismo come un arricchimento in termini di vita, non economico. Questo per me è imprescindibile.

 

Luoghi d’arte come Celle, pubblici o privati, evidentemente valorizzino il territorio e creano indotto turistico. Pensa che questo sia sufficientemente recepito dalle istituzioni?

Fabio Gori: Non sufficientemente. Per trentasei anni Celle è stata aperta gratuitamente, per volere di mio padre, per visite guidate in italiano e in diverse lingue straniere, eppure non usufruiamo di sgravi fiscali. Neppure a fronte dei restauri che abbiamo recentemente affrontato, e che affrontiamo costantemente, abbiamo avuto diritto all’ Art bonus. Tuttavia siamo orgogliosi del fatto che oggi le visite in italiano sono tantissime, non era così quando abbiamo iniziato. Questo significa che non solo le molte università con cui collaboriamo, ma il territorio intero, ne percepisce finalmente il valore.

Lei ha detto che un’opera d’arte è molto più di un oggetto, dietro c’è il rapporto con la persona, che rende l’opera uno scambio di pensiero, legato a momenti condivisi.  Pensa che i rapporti fra artisti, collezionisti e galleristi siano cambiati nel mondo attuale?

Fabio Gori: Il nostro rapporto con i galleristi è sempre stato ottimo. Potrebbe sembrare che la nostra conoscenza diretta con gli artisti abbia in qualche modo escluso i galleristi, ma al contrario questi hanno percepito la grande importanza di un rapporto personale da cui non si può prescindere. Frequentare gli artisti significa conoscere mondi, e apprezzare un’opera va al di là dell’oggetto materiale, deve crearsi una sintonia di pensiero.

 

Cosa guida le vostre scelte oggi?

Fabio Gori: La passione, sempre, non le mode o gli stimoli del mercato. Come ho già rimarcato, inoltre, tendiamo a privilegiare gli artisti italiani. Ai miei figli dico anche che la passione per l’arte deve essere per forza accompagnata dallo studio costante, che poi, se c’è la passione, è anche divertimento.

 

Alessandra Alliata Nobili

Founder e Redazione | Milano
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