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Marco Brianza, ipotesi e ricerche percettive nel tessuto urbano

Dopo Carlo Bernardini e Balint Bolygo, continuiamo ad attraversare i paradigmi della light art nello spazio urbano. Oggi parliamo insieme a Marco Brianza (Varese, 1972).

Il punto di partenza di quest’intervista è un invito a riflettere su come l’individuo può trovarsi ad abitare e a costruire uno spazio soggettivo entro cui agire. Potresti parlare del tuo punto di vista in proposito?

Marco Brianza: Siamo oggi abituati a vivere in uno spazio virtuale online dove l’interattività dell’individuo ha un potere maggiore rispetto a quello che ha nel mondo fisico. Per esempio le persone possono creare siti, pubblicare video, condividere informazioni specifiche su temi di nicchia interagendo con persone di tutto il mondo, senza il vincolo delle distanze che ci sono nel mondo fisico. Online tutto è alla stessa distanza e tutti hanno lo stesso potere di creare.

Credo che questo stia creando una maggiore consapevolezza nelle persone che possono dire la loro e che possono intervenire in situazioni del mondo fisico.

WeMakeColors II, 2018 – LED strip, Wi-Fi micro-controller, light sensor, acrylic plastic, 4 x 8 x 3 cm
Nei tuoi lavori site-specific, come ti relazioni allo spazio in fase progettuale? E quali sono le relazioni che i tuoi interventi stabiliscono con lo spazio e con il pubblico?

Marco Brianza: Credo di trovare lo spazio per l’opera in modo che il pubblico non si trovi in una situazione “teatrale”, in cui ci sia una netta distinzione tra pubblico e opera. Preferisco occupare lo spazio in modo che il pubblico sia immerso nell’opera o l’opera nel pubblico.

Qual è, nel tuo lavoro, il rapporto con il concetto di tempo?

Marco Brianza: Il concetto di tempo è fondamentale, quasi tutti i miei lavori fanno riferimento al tempo, perché mostrano un mutamento delle cose che avviene nel tempo sia in modo naturale sia provocato da un’elaborazione di un’informazione, che si sviluppa nel tempo.

Quanto è importante la reazione dello spettatore nello sviluppo del tuo lavoro? E quanto è importante nell’utilizzo di un mezzo che può creare situazioni illusorie, la consapevolezza del pubblico?

Marco Brianza: Alcuni dei miei lavori sono specificamente interattivi e il pubblico modifica in qualche modo l’opera. Cerco però di non consentire un controllo troppo diretto che sembri un’interfaccia dell’opera; nel caso delle installazioni con una fiamma, per esempio, il pubblico può soffiare e modificare la fiamma, ma non è in grado di controllarla completamente.

xyz (to fdm, 2007, Installation three red laser levelers, variable dimensions
I tuoi progetti di luce di grandi dimensioni instaurano un rapporto con l’architettura e lo spazio ambiente. Quale metodologia usi per relazionare il tuo lavoro con il pubblico e lo spazio urbano?

Marco Brianza: Cerco di intervenire nello spazio con opere che non prendano il sopravvento sullo spazio e l’architettura; il mio obiettivo è che le opere possano restare anche oltre, per esempio, la durata di un festival di luce, per questo magari sono meno spettacolari di altre, ma intendono essere una presenza che venga riconosciuta come parte della città.

Quale ruolo pensi possa avere la percezione dell’individuo, l’abitante del luogo, nella “costruzione” delle tue installazioni urbane, al fine di studiarne una metodologia operativa?

Marco Brianza: Credo che si possa creare sia una relazione locale dove le persone s’incontrano sul luogo interessato all’installazione, ma che poi si possa approfondire la discussione online in modo da poterci dedicare più tempo, anche in modo più libero.

Un pensiero sull’arte pubblica e la valorizzazione di alcuni spazi della città: come un intervento nel tessuto urbano può secondo te stabilire connessioni tra l’arte di oggi ed un pubblico eterogeneo e variegato, anche di non abituali fruitori d’arte?

Marco Brianza: Penso che la cosa peggiore per una città sia quella di essere anonima e di non essere riconoscibile.

In situazioni urbane poco caratterizzate basta poco per creare un senso di identità, per esempio un murales, un parco con un allestimento originale o una scultura.

Riconoscere i luoghi della città credo che sia importante per creare una relazione tra cittadini e città.

pretty random – 2016 – 30x30cm
In che direzione stanno andando secondo te i nuovi linguaggi della creatività nello spazio urbano, e cosa oggi si può definire come creativo a livello di trasformazione dello spazio ambiente?

Marco Brianza: Nelle città moderne l’uso delle media façade è una tendenza in crescita, credo però che l’uso fatto fino ad oggi sia ancora primitivo. Per questo c’è un forte spazio di crescita per i contenuti espressivi che si possono veicolare.

Come vedi le tue installazioni luminose in evoluzione nello spazio urbano in un prossimo futuro?

Marco Brianza: Mi piacerebbe creare una installazione con led o video, in cui il pubblico possa intervenire nella modifica dei contenuti, per esempio cambiando i colori. È un processo complesso e richiede di pensare un’opera ad hoc e di creare una metodologia di interazione. Io immagino un sito web o una app dove il pubblico può sottoporre la modifica. Il bello sarebbe poi che fosse lo stesso pubblico ad autogestirsi.

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Isa Helena Tibúrcio

Contributor | Milano
#lightart

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