Artalkers

Paolo Scirpa, ipotesi e ricerche percettive nel tessuto urbano.

Prosegue l’approfondimento con gli artisti che operano intorno a una logica di attraversamento tra architettura partecipativa e light art. Intervistiamo oggi Paolo Scirpa, artista italiano classe 1934.

Ludoscopio. Espansione a raccordi illusori diagonali. Neon azzurro+specchi, 150x150x25 cm. Galleria Vismara, Milano, 1985
Il punto di partenza di quest’intervista è un invito a riflettere su come l’individuo può trovarsi ad abitare e a costruire uno spazio soggettivo entro cui agire. In relazione ai suoi “Progetti d’intervento” potrebbe parlare del suo punto di vista in proposito?

Paolo Scirpa: Lo spazio come dimensione soggettiva nasce dalla possibilità di interazione, attraverso il corpo, con gli oggetti a noi circostanti. Parliamo di una destra e di una sinistra, di un sopra e di un sotto o, ancora, di un vicino e di un lontano, proprio per la nostra capacità soggettiva di raggiungere i vari punti dello spazio. È l’individuo che determina ogni possibile visione prospettica.

Ascensionale a induzione spaziale, progetto d’intervento n. 237, 1985. Fotomontaggio. Palazzo Ducale, Venezia

I miei “Progetti d’intervento” sono anche dei processi mentali che si rivolgono direttamente all’immaginazione suggerendoci spazi ulteriori e invitandoci ad un viaggio interiore ben al di là del puro discorso ottico. Essi mirano a riqualificare l’immagine della città e a riportare l’attenzione dell’uomo su quegli antichi valori (monumenti, piazze, opere d’arte, etc.) dimenticati, brutalmente coinvolti nel caos del nostro tempo. A volte la composizione apre delle voragini in punti determinati, rendendo il fulcro della veduta diverso da quello che noi siamo abituati a concepire. L’effetto spiazzante di moltiplicazione di vedute, di percorsi, e di gorghi spiralici tende a divenire una concreta azione nello spazio dove ci muoviamo rendendo più inquietante e potente l’infinitezza insondabile degli effetti.

Alternativa ludovisiva. Progetto d’intervento n. 251, 1994. Fotomontaggio. Arco della pace, Milano
Un pensiero sull’arte pubblica e la valorizzazione di alcuni spazi della città: come un intervento nel tessuto urbano può stabilire a suo parere connessioni tra l’arte di oggi ed un pubblico eterogeneo e variegato, anche di non abituali fruitori d’arte.

Paolo Scirpa: Gli spazi urbani vengono valorizzati grazie a progetti che intervengono con opere d’arte, materiali artificiali, tecnologie innovative ed elementi naturali e con un sistema d’illuminazione adatto. Anche un pubblico non abituale fruitore d’arte può recepire e godere la bellezza di una valorizzazione dell’ambiente grazie anche a opere artistiche. Come ho potuto constatare con il mio lavoro, spesso il cosiddetto ‘uomo della strada’ è il miglior fruitore che viene attratto da una bellezza innovativa e che, con la sua semplice spontaneità, partecipa oltre ogni stereotipo culturale condizionante.

I suoi “progetti d’intervento”, pensati in grandi dimensioni instaurano un rapporto con l’architettura e lo spazio ambiente. Quale ruolo pensa possa avere la percezione dell’individuo, l’abitante del luogo, nella “costruzione” delle sue ipotesi di installazioni urbane, al fine di studiarne una metodologia operativa?

Paolo Scirpa: Nei miei “Progetti d’intervento” di trasformazione e vitalizzazione percettiva e spaziale vari, la luce “scolpisce” per così dire l’architettura e diventa strumento irrinunciabile per esprimerne l’immagine e l’essenza dello spazio. Sento l’esigenza di analizzare in una nuova chiave d’indagine la mia visione poetica, utilizzando un diverso rapporto e un’altra scala dimensionale a verifica della fattibilità della cosa proposta. La mia volontà è quella di

far interagire le mie strutture geometriche di neon luminosi multicromatici con gli spazi concreti dell’esistenza sociale. Progetti, che per le loro dimensioni possono anche apparire utopici ma affascinanti, e per i quali bisognerebbe essere sostenuti da precisi interessamentie impegni pubblici perché l’arte deve essere partecipata e la creatività condivisa.

Ludoscopio cubico multispaziale n.87, 1987-2008 – legno, neon azzurro, specchi, 35 x 35 x 35 cm + base. Collezione Valmore Studio d’arte, Vicenza.
In che direzione stanno andando secondo lei i nuovi linguaggi della creatività nello spazio urbano, e cosa oggi si può definire come creativo a livello di trasformazione dello spazio ambiente?

Paolo Scirpa: L’arte in effetti si spinge nel sociale e nella vita quotidiana, stimola un coinvolgimento emotivo e fisico del pubblico, risvegliando una consapevole partecipazione che porta alla creazione o al completamento dell’opera d’arte. Si sente ormai parlare spesso di arte relazionale, pubblica, partecipata. Le proposte artistiche coinvolgono spesso i fruitori di un progetto o gli abitanti di un territorio. L’obiettivo principale è quello della rigenerazione urbana, specialmente negli spazi decentrati o nelle periferie. L’artista, insieme all’architetto e all’urbanista, in ogni progetto deve porsi il problema di relazionarsi con le persone. In questi ultimi decenni di cambiamento sono stati prima di tutto gli artisti che hanno saputo leggere la città e dare con le loro opere un apporto fondamentale lavorando nell’ambiente urbano non più solo sfondo, palcoscenico, ma oggetto dell’opera d’arte stessa, trasformando lo spazio pubblico e creando relazioni tra attori pubblici, committenti, istituzioni, abitanti.

Percorsi comunicanti, 1989-1999. Quadriennale d’Arte di Roma, 1999
Cosa pensa delle potenzialità e delle suggestioni creative della luce nella città contemporanea?
La luce può creare una rivisitazione dello spazio urbano per ogni tipo di utente, ipotizzabile anche sul piano di una riqualificazione della città?

Paolo Scirpa: La luce è in grado di suscitare emozioni e tutti ne percepiscono la buona o la cattiva qualità. Essa è un magnifico strumento per trasmettere sensazioni alle persone. Si è sempre più attenti all’impatto che essa può avere sul “sociale” e al modo in cui la comunità vive gli spazi durante le ore di buio. Si cerca perciò di renderli più accessibili e vivibili. garantendo anche maggiore sicurezza con lo strumento dell’illuminazione e riqualificando l’ambiente urbano.La luce può anche ridare vita a un luogo che ha perso la propria identità. Attraverso un intervento “leggero” angoli dimenticati della città riacquistano una loro voce. Una piazza, un tunnel; teatri della vita di ogni giorno, divengono occasioni di cambiamento. Degli interventi che caratterizzano opere artistiche ed architetture, attraverso l’uso della luce e di volumi leggeri ed effimeri, riescono a ridare voce a spazi muti e a fornire nuove letture degli stessi.

Progetti per il 2019?

Paolo Scirpa: ho in programma una mostra a Milano nel prossimo autunno e sono in attesa che si concretizzi un rapporto con una galleria di New York.

Ludoscopio a pozzo – dinamismo segnico, 1995 – legno, specchi, neon, 70x70x65 cm. Collezione Valmore Studio d’arte, Vicenza.

Isa Helena Tibúrcio

Contributor | Milano
#lightart

Add comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.