Artalkers

Elisabetta Roncati: un’art sharer per niente qualunque

La comunicazione dell’arte contemporanea online passa sempre di più attraverso il filtro degli art sharer.
Per conoscere da vicino questa figura tanto discussa, a volte senza troppa cognizione di causa, ho intervistato la persona dietro il marchio Art Nomade Milan.

Oltre ai contenuti che si trovano nel blog, tra approfondimenti tematici e focus su artisti, eventi e fiere di respiro internazionale, tra le tante rubriche proposte via social, come la Milano Art Agenda su Instagram (di questi tempi sospesi sostituita da un Decameron), possiamo ascoltare anche il video-racconto di alcune notizie di mercato del Sole24Ore.

Ho incontrato personalmente Elisabetta Roncati a Bologna, lo scorso 23 gennaio, durante l’opening di “Francesca Pasquali. Not ordinary place”.
Mi ha contattata online, sulla chat di IG, per sapere se era ancora in tempo per visitare la mostra prima della chiusura dell’inaugurazione. Io stessa l’avevo invitata all’evento condividendo il mio lavoro critico in una rete dedicata, proprio come fate anche voi.

Quest’intervista è iniziata quindi con un contatto online tra persone che condividono lo stesso interesse, fatte incrociare sicuramente da Google, trasformato poi in un incontro reale ritornato poi sul web… insomma, avete capito.

Che cosa fa un art sharer?
Che ruolo ricopre
all’interno del sistema attuale?
Chi influenza che cosa?
Stiamo parlando di istituzioni, di mercato, di storia dell’arte o di arte contemporanea, e ancora di visitatori o di collezionisti?

Queste sono alcune delle riflessioni da cui sono partita per cercare di raccontare che cosa accade online ogni giorno, mentre gli attori del panorama italiano aspettano la prima pandemia globale per cogliere la palla al balzo, smisuratamente e senza remore.

Cara Elisabetta, aiutaci tu!

Art Nomade Milan
Chi è Elisabetta Roncati. Cara Elisabetta, vuoi raccontarci della tua formazione e del percorso che ti ha portata nel 2018 al progetto Art Nomade Milan, il tuo blog personale e cuore pulsante della tua attività di art sharer?

Elisabetta Roncati: Ciao Alice! Ottima domanda da cui partire perché ho una formazione un po’ “speciale”. Non sono una storica dell’arte, ma ho un retroterra economico-manageriale con un appiglio nella comunicazione.
Il “respiro” internazionale l’ho sempre avuto: ho effettuato una parte degli studi oltralpe (da qui Art Nomade alla francese), occupandomi di internazionalizzazione della grande distribuzione organizzata.

In realtà la passione per l’arte c’era già: la mia laurea triennale rientrava nell’ambito del management dei beni culturali, poi, in magistrale, ho virato verso un percorso più logistico. L’esperienza lavorativa mi ha portata a incontrare di nuovo il primo amore, che, del resto, non si scorda mai ?
Così, grazie ad una serie di corsi alla NABA, al Master in Diritto e Fiscalità nel Mercato dell’Arte del Sole24Ore, al perfezionamento in Beni DemoEtnoAntropologici dell’Università Bicocca, eccomi qui! Forse sono l’esempio di come “nella vita non si finisca mai di studiare”.

Sentivo, però, che mi mancava ancora un elemento per completare la mia formazione artistica: il blog è stato la ciliegina sulla torta.

Elisabetta Roncati e Goldschmied&Chiari
Visita all’ultima edizione di Arte Fiera, Bologna: Goldschmied&Chiari, Untitled view, 2020 | courtesy Galleria Poggiali
Art Nomade Milan è focalizzato su 3 argomenti principali: un approfondimento sull’arte tessile, africana e islamica, la città di Milano e il mercato dell’arte. Come coniughi ciascuna di queste narrazioni e, soprattutto, quali sono le motivazioni da cui si originano 3 contesti così apparentemente discostati?

Elisabetta Roncati: Partiamo dal capoluogo meneghino: “Milano, città del mio destino”, prendendo in prestito la massima di Alberto Savinio. Volevo, in qualche modo, ripagare la metropoli per tutto quello che mi ha dato in questi anni: formazione, conoscenza, nuove amicizie. Omaggiare Milano senza parlare esclusivamente di pittura e scultura.

Visto il mio retroterra, non me la sentivo di improvvisarmi critico d’arte. Desidero conoscere ed imparare assieme agli utenti.

Lo spirito “nomade”, di scoperta continua, è un tratto molto marcato del mio carattere: ecco la nascita del marchio che ho registrato, Art Nomade Milan.
Inoltre, in questi ultimi anni, abbiamo assistito all’aumento del numero di persone straniere che vivono nella nostra città.

Essendo per natura curiosa non potevo basarmi solo sulle informazioni trasmesse dai mass media. Ho così iniziato ad approfondire storia e cultura dell’Africa Subsahariana e poi sono approdata al corso della University of Oxford in Islamic Art & Architecture.
Piano piano sto imparando perfino l’arabo ?

Milano è tutto questo: cosmopolita, ma anche profondamente femminile. Non a caso, una parte del palinsesto culturale 2020 del Comune vede come protagoniste le donne. Ecco, quindi, l’aggancio con l’arte tessile: un medium che ha iniziato ad affascinarmi da bambina quando, grazie a mia mamma, giocavo con pezzoline e scarti di tessuto.

Non bisogna però dimenticarsi delle proprie radici: il mio imprinting è economico-manageriale, il mercato dell’arte è un po’ come il “richiamo della foresta”. Appena sento una notizia in merito, non resisto e devo divulgarla.
Ecco come nasce Art Nomade Milan: se ci pensi i quattro ambiti non sono poi così distanti.

Un momento di studio di un catalogo di arte africana
Tutti noi vogliamo sapere che cosa significa essere un art sharer!
Quale funzione ricopre questa figura nel sistema contemporaneo e che cosa fa sul lato pratico e nel quotidiano?

Elisabetta Roncati: Guarda ti posso dire cosa significa per me! Io non voglio influenzare nessuno, anzi… voglio imparare con il pubblico.
Sono molto contenta che tu abbia usato la definizione art sharer e non art influencer.
Sono dannatamente afflitta dal costante bisogno di scoprire, sono molto curiosa e voglio farlo assieme ai lettori, agli utenti che mi seguono sulle piattaforme social.

A mio vedere l’art sharer deve essere il trait d’union tra istituzioni culturali e grande pubblico.
Viviamo nel paese della storia e della cultura per eccellenza, ma i nostri musei sono spesso più visitati e conosciuti dagli stranieri.
Si pensa ancora che l’arte sia qualcosa di elitario, troppo distante dai bisogni primari e quotidiani. Invece, abbiamo una fame estrema di arte e cultura e non ce ne accorgiamo.
L’art sharer deve avvicinare la creazione alle giovani generazioni, farla entrare nelle case di tutti con semplicità e velocità.

Per stare sempre al passo con il mare di notizie, leggo, contatto gli uffici stampa, visito spazi, mi reco ai vernissage e diffondo quanto scoperto sui canali social, dopo aver vagliato ciascuna notizia ?.
Fiere d’arte, mostre, aste sono il mio pane quotidiano. Non mi dedico solo al panorama italiano, ma metto in luce anche gli eventi internazionali più importanti.
Ogni giorno rispondo poi agli utenti che mi contattano sulle varie piattaforme ed alle e-mail.

Chiaramente l’art sharing non è la mia attività principale, la mia professione. Sono un’art consultant specializzata, appunto, in arte africana ed islamica.

Elisabetta Roncati alla 1-54 Contemporary African Art Fair, Marrakech
Visita all’ultima edizione di 1-54 Contemporary African Art Fair, Marrakech 2020
Vorresti raccontarci qualcosa di questa nicchia di mercato?

Elisabetta Roncati: Molto volentieri! In Italia l’interesse per queste particolari tipologie artistiche è sempre stato tiepido, comparato alla grande diffusione del tema in nazioni quali Francia, Belgio, Inghilterra, Stati Uniti.

Pochi collezionisti, di cui uno genovese come me (Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica), poche mostre dedicate al tema.
Chiaramente il passato storico degli stati europei che ho citato ha favorito questa diffusione. Non voglio però entrare in dettagli attinenti il doloroso trascorso coloniale, anche italiano.

Se pensiamo, invece, alla creatività basta citare il ruolo ricoperto dall’arte africana nello sviluppo delle avant-garde di inizio Novecento.

Ma il vento sta cambiando nel Bel Paese.
Aumentano le mostre: da “The White Hunter“, alla milanese Open Care, a “Ex Africa” al Museo Civico Archeologico di Bologna.
Non solo arte del passato, ma anche un salto nel contemporaneo.
L’Investec Cape Town Art Fair, la più grande mostra mercato di arte contemporanea in Africa, è prodotta da Fiera Milano S.p.A..

I risultati economici raggiunti in diverse aste da opere di artisti del continente o della diaspora sono poi più che confortanti. Per non parlare della presenza in manifestazioni consolidate quali le Biennali.
Ho seguito con interesse la partecipazione del Ghana all’ultima Biennale veneziana: la prima volta in 58 edizioni.

I venti di cambiamento sono quindi molteplici, ma ci terrei che questo interesse non fosse solo una moda passeggera o, peggio ancora, una mera azione speculativa.
Si dovrebbe portare benessere e sviluppo in una terra meravigliosa, troppo a lungo sfruttata da interessi stranieri.

Per quanto riguarda invece l’arte islamica, al momento i miei punti di riferimento rimangono Londra e Parigi (Institute du Monde Arabe).

Tre anni fa si parlava della creazione di un grande museo dedicato al tema nel capoluogo ligure, ma non ho più avuto notizie a riguardo.

Ritratto di Elisabetta Roncati con una maschera africana | ph Sara Bozoglu
Con quale categoria collabori maggiormente per l’art sharing, tra istituzioni museali, pubbliche e private, enti fieristici, gallerie e artisti?

Elisabetta Roncati: Ti faccio una personale scaletta: in prima battuta vengono gli enti fieristici, seguono poi le case d’asta, le società di art advisory, le gallerie, i singoli artisti ed in ultimo le istituzioni museali private e pubbliche.
Purtroppo gli enti culturali italiani si stanno affacciando ora, in maniera compiuta, al mondo dell’online.

Le abitudini di consumo delle nuove generazioni sono diverse dal passato. Siamo molto abituati a fruire contenuti digitali.
Gli altri settori produttivi se ne sono accorti anni fa. L’arte arriva oggi.

Tutto sommato, durante questa emergenza sanitaria, abbiamo assistito ad un uso massivo degli strumenti digitali da parte dei musei e delle gallerie. Meno male! Nel mio piccolo sto cercando di recensirli tutti.

Effettivamente mi piacerebbe collaborare con molte più istituzioni pubbliche nella divulgazione, oltre ad essere chiamata per inaugurare o creare ex novo progetti espositivi, come di solito faccio. Avrei così modo di approfondire ancora di più il filone del servizio alla collettività.

Elisabetta Roncati e Alik Cavaliere
Visita alla mostra: “Alik Cavaliere. L’universo verde”, Palazzo Reale a Milano (26/06 – 09/09/2018)
Quali mezzi usi per diffondere la tua attività?
Ogni piattaforma ha una propria peculiarità, un’efficacia diversa e in conseguenza una diversa risposta da parte del pubblico che ti segue.

Elisabetta Roncati: Cerco di coprire quasi tutte le piattaforme online. Sono nata con il blog, cresciuta grazie ad Instagram (@artnomademilan), social fotografico che funziona ancora molto bene per il mondo dell’arte, ho aperto una pagina Facebook dove condivido eventi.

Adesso sto sperimentando Tik Tok: anche se il target di utenti è molto giovane, mi aiuta a stemperare la tensione e a prendere bonariamente in giro il mondo della cultura.
Sto inoltre dando vita ad un progetto YouTube di divulgazione ad ampio spettro.

Non dimentichiamoci inoltre Linkedin, dove mantengo informazioni inerenti il curriculum e condivido i miei articoli, e Twitter dove seguo le principali istituzioni.
Ogni piattaforma merita uno studio a sé stante per comprendere i diversi pubblici.

A proposito di pubblico, com’è cambiata la fruizione dei contenuti online da quando hai iniziato a oggi?

Elisabetta Roncati: In due anni ho visto un incremento notevole di interesse da parte del pubblico su tutte le piattaforme che utilizzo.
I blog hanno forse perso un po’ di appeal a favore dei social media, ma rimangono comunque lo zoccolo duro da cui partire per fare divulgazione.

I tempi si sono ristretti: tutto scorre velocemente. Leggi una notizia ed è già diventata obsoleta.
Gli utenti hanno fame di conoscenza, ma bisogna stare attenti a non incappare nelle fake news, anche per il settore culturale.

È aumentato il numero di art sharer, con cui spero sempre di fare squadra, in nome della divulgazione a favore del pubblico. L’unione, si sa, fa la forza.

Inoltre, mi sono accorta che, nei settori da me scelti (arte africana ed islamica), gli esperti italiani sono pochi.
Spesso le case d’asta si rivolgono a consulenti stranieri: francesi, belgi ed inglesi in primis.
Siamo geograficamente in prima linea nell’accoglienza: è ora di porre le basi anche dal punto di vista artistico.

Art Nomade Milan: Instagram
In base alla tua specifica esperienza, che cosa pensi del panorama italiano a proposito di consapevolezza e utilizzo del web nel settore arte contemporanea?
E che cosa sogni per il futuro dell’arte contemporanea nella digital innovation?

Elisabetta Roncati: Come sottolineavo in una delle domande precedenti, le istituzioni culturali, soprattutto italiane, sono indietro nell’utilizzo degli strumenti digitali e nello sfruttamento di tutte le loro potenzialità.

Dal 2018 ad oggi, ho visto, però, un miglioramento anche su questo fronte.
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Museo Madre, Fondazione Prada, Hangar Pirelli Bicocca: sono solo alcuni dei protagonisti culturali made in Italy che si sono affacciati in maniera vincente nel mondo della divulgazione digitale.

Credo che una maggior condivisione di contenuti con il pubblico possa portare ad un incremento delle visite offline. Si solletica la curiosità della massa, che deve però essere soddisfatta dall’offerta in loco: laboratori per i più piccoli, iniziative, percorsi di visita differenti a seconda dei target.

Per quanto concerne, invece, la vendita di opere d’arte, sto ancora studiando la situazione. Il futuro vira sicuramente verso l’online, ma presumo in tempi non brevi. Le gallerie d’arte stanno migliorando su questo fronte: se non hanno un e-commerce, si servono di piattaforme esterne per le vendite online.

Un banco di prova saranno le numerose online viewing room messe in piedi da molte fiere di settore, vista la cancellazione dei consueti appuntamenti per l’emergenza COVID-19.
Un esempio su tutti? Art Basel Hong Kong.
Sono curiosa di leggere quali saranno i risultati economici raggiunti con queste forme d’acquisto alternative.

Sicuramente l’arte ha ancora bisogno di essere esperita, del contatto con il gallerista di fiducia, dello “scambio di quattro chiacchere”.

Per il futuro mi auguro che gli sforzi profusi durante questo periodo di chiusura forzata non finiscano nel dimenticatoio una volta terminata l’emergenza. La divulgazione online dovrebbe diventare una sorta di “mantra”.

Elisabetta Roncati ed Emilio Vedova
Visita alla mostra: “Emilio Vedova”, Palazzo Reale a Milano (06/12/2019 – 09/02/2020)
Infine, parliamo dei tuoi prossimi progetti!

Elisabetta Roncati: Caspita, sono moltissimi. In primis completare tutti i percorsi formativi che ho intrapreso: corso di perfezionamento, percorso in Islamic Art & Architecture, oltre a migliorare la mia conoscenza linguistica dell’arabo.

A ciò si aggiunge il consolidamento della presenza di Art Nomade Milan sulle diverse piattaforme online.
Non dimentichiamoci, inoltre, dei viaggi per visitare fiere e musei nei quattro continenti non appena l’emergenza sarà finita.

E poi?! Mi aspetta il lancio di due piccole capsule collection in partnership con alcune realtà artigianali italiane e…seguitemi per ulteriori aggiornamenti ?

FONTI e APPROFONDIMENTI:
- sito web ufficiale di Elisabetta Roncati (link)
- Art Nomade Milan su Instagram (link)
- Art Nomade Milan su Facebook (link)

Alice Traforti

Founder e Redazione | Vicenza
#artecinetica #arteprogrammata #tecnologia #robotica #fotografia #newmedia #digitalart #percezione #identità #mercato #fiere #gallerie

Add comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.