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Marco Bolognesi, performance al Macro Asilo

Come è avvenuto il “passaggio”, se di passaggio si tratta e non di una naturale declinazione, dal linguaggio più prettamente cyberpunk dei precedenti progetti alla performance multimediale e interattiva “Corpi Estranei” del Macro Asilo?

Marco Bolognesi: Più che di un “passaggio”, parlerei di un percorso naturale, in quanto mi sono sempre occupato di temi politici e sociali, anche se in maniera meno esplicita, attraverso codici fantascientifici e cyberpunk. Dall’ibridazione dell’essere umano alla denuncia dell’uso degli OGM, fino ad arrivare, in un viaggio a ritroso, allo scandalo della guerra in Iraq del 2004… La principale novità è legata alla forma scelta per affrontare il tema dell’immigrazione, ovvero la performance, nella quale mi sono cimentato per la prima volta.

Pur tenendo fede al tuo modo di procedere creativo incentrato sulla completa manipolazione e ricontestualizzazione di idee e linguaggi precostituiti, come sei riuscito a superare eventuali difficoltà concettuali o di traduzione operativa nel nuovo lavoro del Macro dove appunto per la prima volta sperimenti un’attitudine performativa?

Marco Bolognesi: La performance vera e propria è stata preceduta da un lungo periodo di studio e ricerca. Ho letto saggi dedicati al tema dell’immigrazione, seguito dibattiti televisivi, ritagliato articoli dai periodici e dai quotidiani. Tutto questo materiale è stato “dato in pasto” ai social, per capire quale potesse essere la risposta del pubblico, o almeno di un certo tipo di pubblico, messo in condizione di scrivere senza filtri o censure. Da qui l’idea di offrire una mia lettura della situazione contemporanea attraverso il disegno in pubblico, successivamente arricchito (solo raramente vandalizzato) dall’intervento dei visitatori, fondamentale per la riuscita della performance. Sono partito, anche in questo caso, dalla tecnica del collage, che mi appartiene profondamente. Parliamo di un lavoro di stratificazione: prima le notizie, poi il mio intervento a gessetto (tutto il giorno, per quindici giorni), quindi l’affissione al muro e i commenti del pubblico, riportati direttamente sulle tavole a pennarello. È stata un’esperienza estremamente formativa: ho testato la mia “tenuta” fisica, ho scavato in profondità, mi sono messo a disposizione dello spettatore in un momento intimo e personale…

Dove pensi di orientare i tuoi prossimi passi dopo la tappa del Macro? Ancora una performance? Ancora con un focus sull’immigrazione? Senti il bisogno di tornare sul tema o invece di dirottare altrove le tue ricerche?

Marco Bolognesi: Dopo la tappa al Macro mi piacerebbe che il progetto “Corpi estranei”, condiviso con la curatrice Elena Paloscia, potesse girare ed essere presentato in altre città. Vediamo cosa ci riserverà il futuro… Al momento sto lavorando all’interno del Bomar Studio, la factory che ho fondato, a diversi progetti video, quindi non credo che a breve saranno presentate altre performance o approfondimenti sul tema dell’immigrazione. Mai dire mai…

Parlando specificatamente sul concetto dell’immigrazione e sulla definizione (davvero necessaria?) di una identità, cosa vedi profilarsi all’orizzonte in termini di geopolitica, confini e muri?

Marco Bolognesi: Tutto il mio lavoro si sviluppa attorno alla ricerca di identità perché senza una precisa identità non possiamo esistere. Per quanto riguarda gli orizzonti geopolitici, pur essendo un fedele lettore di “Limes”, non posso dare una risposta da esperto, ma solo da artista, che spera di vedere attraverso i propri occhi sempre meno muri, sia fisici sia culturali.

Anna de Fazio Siciliano

Contributor | Roma

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