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ArtVerona 2018

ArtVerona 2018: 9 artisti per 9 gallerie

Cari amici del contemporaneo, oggi si parla dell’ultima edizione di ArtVerona 2018.
Se ogni tanto vi chiedete perché dovreste visitare una fiera d’arte, la mia risposta non può che essere: ma perché no? Andiamo!
Anche se subito mi fermo a riflettere… certo, dipende molto da quale fiera avete intenzione di esplorare.

Dopo aver girovagato a lungo per i padiglioni di ArtVerona 2018, vi propongo oggi un viaggio attraverso le parole di 9 galleristi a cui ho chiesto di presentare un artista fra quelli proposti in fiera – ovviamente tutto al vaglio della mia selezione e curiosità.

Spero possiate vedere, attraverso i miei occhi, quello di cui non avete potuto godere direttamente, o quello che non siete riusciti a cogliere tra le mille-mila opere esposte!

Buona visita,
Alice

ArtVerona 2018: veduta
ArtVerona 2018: veduta

 

@ 10 A.M. ART, Milano
Perché hai scelto di presentare ANTONIO SCACCABAROZZI ad ArtVerona 2018?

Christian Akrivos e Bianca Maria Menichini (galleristi) con il contributo di Ilaria Bignotti (curatore Archivio Scaccabarozzi): Presentiamo Antonio Scaccabarozzi perché riteniamo sia un artista sul quale investire, sia culturalmente che dal punto di vista del mercato, in un’epoca che, mai come ora, ha bisogno di nuovi miti, di nuovi ideali, di nuove immagini.
La sua ricerca costituisce una traiettoria rigorosa e inappuntabile della storia dell’arte italiana della seconda metà del Novecento, estendendosi per quarant’anni con una coerenza e un lirismo straordinari che hanno prodotto cicli di opere raffinatissimi, di ampio respiro e rispondenza internazionali, di continuo stimolo per la storia e la critica d’arte, come dimostrano le continue pubblicazioni e approfondimenti, soprattutto nell’ultimo decennio, grazie alla instancabile attività dell’Archivio e di poche e illuminate gallerie.

Ad Artverona 2018, e coerentemente con la linea di galleria, inseriamo l’opera di Scaccabarozzi in un percorso di senso attraverso confronti con altri artisti, per far emergere l’originalità e la “non incasellabilità” dell’artista: un outsider, se lo consideriamo dal punto di vista delle neoavanguardie degli anni ’60 e ’70, e un pioniere, quindi, di una ricerca libera e liberata da schemi, modelli, percorsi precostituiti.
Scaccabarozzi costituisce un unicum, proprio per queste sue caratteristiche, anche per il collezionista che conosce la storia dell’arte, ne possiede exempla importanti, e al contempo non vuole essere a sua volta “imbrigliato” in una gabbia di nomi e correnti, ma sentirsi libero di spaziare attraverso l’opera di Scaccabarozzi in terreni inquieti e in instabili luoghi del vedere e del sentire la pittura. Perché Scaccabarozzi ha letteralmente affrontato la pittura in modo totale, e a 360 gradi.

La mostra in galleria (inaugurata lo scorso 25 ottobre – n.d.r.) parte da un’ampia analisi dei suoi cicli storici, dagli anni ’70 agli anni ’80, per dimostrare come mentre in Italia, e in Europa, tutto pareva precostituito in movimenti e correnti, egli sapeva di volere e dover reagire alle regole e ai dettami, verificando, con metodo ed emozione, come giustamente la critica ha sottolineato, le modalità di azione, reazione, costruzione e relazione della pittura con il fruitore, coinvolgendolo in uno scambio fertile e stimolante.
Sin dal titolo la mostra Destinazione: presente suggerisce che il progetto non solo vuole essere un dovuto omaggio all’indagine di Scaccabarozzi più nota e richiesta dal mercato, rappresentata dai cicli di opere dei Fustellati e delle Prevalenze realizzati nel corso degli anni ’70, ma intende finalmente rivelare, in un percorso attento e studiato ad hoc per i nuovi spazi della galleria, la complessa liricità e il rigoroso processo pittorico dell’artista, con opere che sapranno stupire e affascinare il pubblico, realizzate dalla fine degli anni ’70 e per tutto il corso degli anni ’80: a partire, cioè, da quel momento aurorale in cui Scaccabarozzi avvia una indagine destinata a affrontare, con coraggio e poesia, il problema della pittura nel suo essere luogo universale dove il vedere si unisce al fare, in una processualità che continua a rimettere in discussione i fondamenti del colore, dei materiali, del supporto e della superficie.
Si prosegue con le Linee Quasi Rette, Distanze Reali e Distanze Rappresentate, il Peso di frammenti di colore, fino alle Iniezioni e alle Immersioni… tutto nel ricco catalogo, realizzato in collaborazione con l’Archivio, che come da nostra tradizione presenteremo in momenti dedicati di approfondimento in questo anniversario importante dell’artista nella città di Milano.

ArtVerona 2018: Antonio Scaccabarozzi | 10am art, Milano
Antonio Scaccabarozzi: Iniezioni endotela cm. 9 e cm. 1′, 1980 – tela non preparata | Prevalenze, 3 presente cm 2,5, 1978 – acrilico su tela, 80x80cm | courtesy 10 AM Art, Milano e Archivio Antonio Scaccabarozzi

 

@ C-Gallery, Milano
Perché hai scelto di presentare MALALA ANDRIALAVIDRAZANA ad ArtVerona 2018?

Adama Sanneh: Perché pensiamo che il lavoro dell’artista Malala Andrialavidrazana sia una combinazione unica di ricerca, tecnica e originalità in grado di costruire linguaggi contemporanei attingendo da oggetti passati dal forte valore simbolico. Volevamo regalare allo spettatore un viaggio unico e personale fatto di sensibilità ed esperienze proprie.
Nella sua monumentale serie Figures l’artista sa racchiudere con ineccepibile maestria tematiche universali e sensibilità personali, regalando allo spettatore quel senso di straniamento che sorge quando il familiare si trasforma nella sorpresa e il repertorio del potenziale si spalanca spingendo verso l’ignoto e il possibile, oltre le consuetudini, oltre le storie già scritte, oltre i confini.

Malala crea immagini uniche, fondendo le antiche mappe coloniali con riferimenti presi in prestito da differenti ambiti delle culture visuali: banconote, francobolli e molteplici modelli iconografici ispirati a temi universali.
Il bello delle opere di Malala Andrialavidrazana è che spingono lo spettatore a viaggiare con la mente attraverso i luoghi e attraverso i tempi, a creare nuove narrative, a fondere le ispirazioni e superare gli stereotipi. Ma anche ad intraprendere un viaggio dentro se stessi arrivando a (ri)conoscere i propri riferimenti, aprendo così alla possibilità di cambiare punto di vista e ricominciare ad osservare.

ArtVerona 2018: Malala Andrialavidrazana |C-Gallery, Milano
Malala Andrialavidrazana: Figures 1867, Principal Countries of the World, 2015 – UltraChrome Pigment Print on Hahnemühle Photo Rag Ultra Smooth, 87x163cm | courtesy of the artist and C-Gallery
ArtVerona 2018: Malala Andrialavidrazana |C-Gallery, Milano
Malala Andrialavidrazana: Figures 1889, Planisferio, 2015 – UltraChrome Pigment Print on Hahnemühle Photo Rag Ultra Smooth, 110×137,5cm | courtesy of the artist and C-Gallery

 

@ Conceptual Gallery, Milano
Perché hai scelto di presentare TVRTKO BURIC ad ArtVerona 2018?

Roberto Pezzotti: La scelta di portare a Verona un’artista giovane e non molto conosciuto in Italia è stata coraggiosa, anche se ponderata. Sapevamo che sarebbe stato rischioso, ma allo stesso tempo siamo sicuri che sia un investimento per il futuro. Ci piace lavorare bene, anche se questo significa andare controcorrente, e non abbiamo paura di affrontare il mercato. Crediamo in stand monotematici e di qualità, ed è quello che faremo anche per le prossime fiere.
Per questo abbiamo voluto offrire una visione completa del lavoro di Tvrtko Buric, che è un artista a 360 gradi: in un’unica opera egli lavora con la pittura, la scultura e l’installazione.
Ha tutte le carte in regola per affermarsi sul mercato: ingegno e creatività, perizia tecnica, innovazione, ricerca e sperimentazione. Le sue opere godono di un’indiscutibile bellezza estetica e sono ricche di contenuto: egli guarda ai grandi del passato ma sempre con un occhio alla contemporaneità e un approccio analitico e sperimentale.

Buric si ispira all’avanguardia futurista e al mito della velocità, che esaspera in chiave drammatica: le condizioni estreme della modernità e della globalizzazione portano ad una frantumazione della figura umana, che si scompone e si frammenta, avanza nello spazio in tutte le direzioni. Sotto la pressione di questa spinta, il corpo viene rimodellato, come se il progresso stesse producendo un uomo nuovo.

Sullo stessa tematica si fondano i lavori che abbiamo presentato in fiera: le sculture, l’installazione site-specific e i disegni su vetro e plexiglass. Pur nella natura estremamente diversa di questi media, egli mantiene uno stile coerente e sempre riconoscibile. È un artista maturo, nonostante la giovane età, che ha già trovato la sua linea di ricerca, che nell’arte non deve mancare mai.
È così che ogni gallerista dovrebbe lavorare, ma oggi molti operatori di settore temono il rischio. Noi invece siamo sicuri del valore dei nostri artisti e sappiamo che l’azzardo è relativo.

 

@ Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento
Perché hai scelto di presentare MANUEL FOIS ad ArtVerona 2018?

Paolo Maria Deanesi: Sarà perché sono (stato) un ingegnere elettronico, sarà perché ho un lungo passato ed ancora un presente nel mondo della musica (come chitarrista classico e soprattutto come cantante lirico e non solo), sarà perché la mia galleria fin dalle sue origini cerca e seleziona nuovi giovani artisti “promettenti” da promuovere fin dai loro esordi, sarà perché il lavoro pittorico di Manuel ha colpito “le mie corde” anche per la sua maturità e chiarezza espressiva, nonostante la sua giovane età… sarà, anzi sicuramente è, per questi motivi che sono rimasto attratto dal lavoro e ho deciso di presentare, per la prima volta alla fiera di Verona, il giovane artista italiano Manuel Fois, nato a Cagliari, classe ’95.

Manuel Fois ha sviluppato la sua ricerca artistica a Londra, dove dal 2016 indaga il rapporto fra immagine, musica e suono. Le sue opere su tela, sia di grandi che di piccole dimensioni, si inseriscono nella nuova corrente artistica contemporanea che, sia in Italia che in Europa, indaga il legame fra arte figurativa e tecnologia: la ricerca del glitch.
Nei suoi lavori, il linguaggio digitale si combina con quello analogico (pittorico), dando origine ad opere minimali, asciutte, sintetiche, prive di virtuosismi, se non per il fatto di essere esse stesse una sorta di virtuosismo tecnologico/tecnico.
Fois, studiando i difetti sonori, gli errori, il rumore di fondo, l’imprevedibilità all’interno di una registrazione audio, riproduce su tele bianche, con olio e inchiostro, ciò che il software segnala e che all’orecchio umano risulta invece impercettibile. Utilizza il medium pittorico per raffigurare la più avanzata tecnologia, lega il passato e il presente avvalendosi di sfumature di colore grigio depositato sulle sue tele bianche naturali al contorno.

Nella mostra in corso in galleria “Tràdito/Tradìto” a cura di Gabriele Salvaterra, è possibile ammirare alcuni suoi lavori accostati a quelli di Gemis Luciani e James Brooks, artisti che al pari suo lavorano sulla “traduzione” dell’informazione, sul “rumore” della comunicazione, dove l’aggiunta o l’ottenimento di nuovi significati diventa tanto importante quanto il contenuto originario.

 

@ Dep Art Gallery, Milano
Perché hai scelto di presentare REGINE SCHUMANN ad ArtVerona 2018?

Amanda Nicoli: “Regine Schumann. Colormirror” è  il titolo della mostra nella nostra galleria (inaugurata lo scorso 30 ottobre – n.d.r.), quindi non potevamo non presentare l’artista ad ArtVerona.
In particolare, il pubblico di Verona è sempre molto preparato, collezionisti attenti e colti. Ovviamente ognuno ha le proprie preferenze e conoscenze “settoriali”, però non ci si rivolge mai a persone digiune di arte moderna e contemporanea, quindi è stato per noi fondamentale il confronto diretto con tale pubblico.
L’artista Regine Schumann non ha esperienze precedenti in Italia, tranne la partecipazione con una grande installazione alla BAG (Bocconi Art Gallery), e chi ha visto quei pezzi di dimensioni monumentali se li ricorda molto bene.

Riteniamo che sia un’artista dalle molteplici qualità, tra cui l’impatto visivo che è sicuramente notevole, ma d’altro canto è differente dalla maggior parte delle cose cui il pubblico italiano è abituato.
In seconda istanza, la sua ricerca è molto colta e appassiona chiunque abbia un momento per approfondirla.
Potrei riassumere tutto in una parola, anzi, in un nome: Goethe. Esattamente quel Johann Wolfgang von Goethe, scrittore, poeta e drammaturgo tedesco che tutti conosciamo.
Molti non sanno che la “Teoria dei colori” gli appartiene. Cito: “…non è la luce a scaturire dai colori, bensì il contrario; i colori non sono «primari», ma consistono in un offuscamento della luce, o nell’interazione di questa con l’oscurità”.
Partendo da questa teoria e aggiungendo materiali e tecnologie moderne (vetro acrilico e fonti di luce nera), l’artista ha creato qualcosa di nuovo, che cambia a seconda del punto di vista, della luce (naturale o artificiale) e influenza l’ambiente circostante.
In questo caso potrei dire che l’esperienza vale più di mille parole.
Ps: Tornando ad ArtVerona, il riscontro del pubblico è stato decisamente positivo.

 

@ Marignana Arte, Venezia
Perché hai scelto di presentare NANCY GENN ad ArtVerona 2018?

Emanuela Fadalti: L’idea di presentare le opere di Nancy Genn alla Fiera di Verona fa parte di un articolato progetto che mira a far conoscere ai collezionisti italiani il lavoro di questa importante ed interessante artista californiana.
Nancy Genn (San Francisco, 1930) è un’artista che ha contribuito in modo significativo alla storia dell’arte americana del dopoguerra.
La sua carriera si dispiega attraverso generazioni diverse di pittura astratta, in un processo di vitale e continua evoluzione che l’ha portata a produrre lavori sempre nuovi e attuali.

I viaggi sono un aspetto fondamentale nella sua vita: fin dagli anni 70 infatti ha trascorso diverso tempo in Europa ,in Asia e in Medio Oriente.
Questo nomadismo culturale ha prodotto una trasmutazione della sua arte, generando una sintesi tra cultura orientale e occidentale, peculiarità questa, tra l’altro, della città in cui è nata e cresciuta, San Francisco.

La produzione di questa artista è caratterizzata da una sorprendente sperimentazione di materiali e tecniche diverse: gouache, caseina, monotipo, collage, vitreografia, carta fatta a mano, nonché ceramica e fusione del bronzo a cera persa.
I suoi lavori fanno parte delle collezioni permanenti di alcuni tra i più importanti musei americani tra i quali il MoMA di New York, il LACMA di Los Angeles e il San Francisco Museum of Modern Art.
Nel 1960 il filosofo e critico d’arte Michel Tapié ha collocato Nancy Genn accanto a Burri, Capogrossi, Fontana, Vedova, Sam Francis, Tàpies, Tobey, De Kooning, Pollock, Rothko e Tanaka, nel gruppo degli artisti in grado di produrre arte che fosse anche “avventura dello spirito”.

L’artista ha inaugurato il 23 maggio 2018 la mostra “Architecture from Within” a Palazzo Ferro Fini a Venezia, sua prima retrospettiva in Italia; contemporaneamente alcuni suoi lavori sono stati presentati nella mostra W.W.W. What Walls Want collettiva allestita nella nostra galleria dove attualmente è in corso la project room a lei dedicata, dal titolo“Living paintings”.

Nancy Genn: Rainbars 6, 2011 – caseina su carta, 264x152cm

 

@ MLB Maria Livia Brunelli Gallery, Ferrara
Perché hai scelto di presentare ANNA DI PROSPERO ad ArtVerona 2018?

Maria Livia Brunelli: Abbiamo deciso di portare Anna Di Prospero (Roma, 1987) perché unisce una carriera fulminante a una capacità davvero sorprendente di emozionare ed entrare in empatia con chi guarda le sue opere.

È un’artista di 31 anni, formatasi tra l’Italia e New York, che sta riscuotendo continui successi: ha vinto ancora ventenne due tra i maggiori premi mondiali di fotografia, nel 2015 Sky Arte le ha dedicato un documentario e di recente Concita De Gregorio l’ha scelta per la controcopertina del suo libro “Chi sono?” sull’autorappresentazione fotografica femminile, di cui stiamo organizzando la trasposizione in mostra alla Fondazione Bevilacqua La Masa Di Venezia.

Il famoso autoritratto in cui è abbracciata alla madre è stata l’immagine della mostra della collezione Donata Pizzi “L’altro sguardo” alla Triennale di Milano, e un altro suo autoritratto scattato a Central Park a New York è stato scelto come immagine della stessa mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Echi della pittura caravaggesca e metafisica si ritrovano nella serie che le è stata commissionata e in seguito acquisita dal Palazzo Ducale di Mantova (in quanto vincitrice del Premio Level0 di ArtVerona nel 2017), dove la figura esile e sinuosa di Anna si relaziona con gli splendidi spazi affrescati della residenza dei Gonzaga. Le sue sono piccole performance in cui con il corpo interpreta lo spirito degli edifici architettonici, in cui si rivelano riferimenti al cinema e alla danza (Pina Bausch).

Di grande suggestione le recenti opere del ciclo dedicato al tema delle crociere, in cui l’artista si è fotografata tra gli spazi deserti di alcune grandi navi, trasformando in scenari fiabeschi e surreali luoghi solitamente brulicanti di umanità.

Le sue opere hanno ancora un prezzo molto abbordabile: 2.800 euro per il formato 100×66 cm.

Abbiamo attualmente in corso una sua mostra a CUBO, lo spazio d’arte di Unipol a Bologna (che ha acquisito due sue opere), fino al 19 gennaio, e il 18 febbraio inaugureremo una sua personale ispirata tematicamente alla prossima mostra del Palazzo dei Diamanti, “Giovanni Boldini e la moda”.

ArtVerona 2018: Anna Di Prospero | courtesy MLB Maria Livia Brunelli Gallery, Ferrara
Anna Di Prospero: Untitled, 2013 (Caribbean Sea)

 

@ Rolando Anselmi, Berlin / Roma
Perché hai scelto di presentare EWA JUSZKIEWICZ ad ArtVerona 2018?

Rolando Anselmi: Ho deciso di presentare un lavoro di Ewa Juszkiewicz che ritengo particolarmente iconico, immaginandolo a stendardo di una figurazione non convenzionale.
Attraverso la decostruzione e la trasformazione della cultura visiva del passato, infatti, Ewa Juszkiewicz sfida l’accomodante ordine con cui siamo soliti accettare la nostra eredità estetica, in particolare quella legata alla figura femminile.
In questo senso sembra riferirsi in maniera critica alla rappresentazione della donna nella storia dell’arte, costruendo una collezione privata di immagini alternative che rompono la comune idea di bellezza.
Partendo da quadri storici e ripercorrendo lo stile pittorico sulla base del modello originale, il processo all’apparenza si fa ancora più chiaro, sostituendo ciò che è espresso dal canone e dai clichés con ciò che proviene dai sensi e dalle intuizioni.

Ewa Juszkiewicz è nata a Danzica, nel 1984, vive e lavora a Varsavia.
È già presente in collezioni pubbliche come il Museo d’Arte Moderna di Varsavia, Zacheta Contemporary a Stettino, il Museo Nazionale di Danzica e la Galeria Bielska BWA.
È stata presentata a livello internazionale in Musei e collezioni come la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Pechino, la Kunsthalle di Bratislava, il Centro per la Cultura a Lublin, la Banca Centrale Europea a Francoforte, i Musei d’Arte Contemporanea di Varsavia e Cracovia.
Il suo lavoro è stato incluso in pubblicazioni seminali come “100 painters of tomorrow” e in “Vitamin P3” di Phaidon.

In Italia è stata presentata per la prima volta nel 2014 da Maurizio Cattelan, nella mostra “Shit and Die” curata per One Torino.
La sua prima personale “Pearl, Eye, Worm” nei nostri spazi di Roma è stata presentata lo scorso novembre, mentre per il prossimo anno sono in programma:
– la sua personale, a febbraio, ad Arco Madrid, nella sezione Opening a cura di Ilaria Gianni e Tiago de Abreu Pinto;
– la sua mostra personale nei nostri spazi a Berlino, prevista per la fine di giugno.

ArtVerona 2018: Ewa Juszkiewicz | courtesy : Rolando Anselmi, Berlin / Rome
Ewa Juszkiewicz: Untitled, 2018 – olio su tela, 80x60cm | courtesy : Rolando Anselmi, Berlin / Rome

 

@ Valmore studio d’arte, Vicenza
Perché hai scelto di presentare EMILIANO ZUCCHINI ad ArtVerona 2018?

Valmore Zordan: Valmore studio d’arte lavora di solito con artisti storicizzati, che hanno contribuito a cambiare radicalmente il concetto di opera d’arte, noti e apprezzati dalla critica attenta, ma non sempre sufficientemente valorizzati dal mercato.
Ci sembra importante però affiancare a questi anche qualche giovane artista la cui ricerca è vicina ai nostri interessi: al rapporto tra arte e scienza, tra arte e nuove tecnologie.
Una prima mostra di Emiliano Zucchini si è inaugurata nella sede di Vicenza nel maggio 2017, successivamente abbiamo iniziato a proporlo anche in altre occasioni e alle fiere.

Fra tanti giovani abbiamo scelto l’artista Emiliano Zucchini perché riteniamo molto interessante la sua indagine. È evidente lo sforzo di Zucchini di riduzione e semplificazione, di analisi dei fondamenti del campo del visibile, del mezzo/medium di comunicazione. Nelle opere recenti Zucchini indaga sul concetto di vuoto come punto e momento zero della creazione da cui scaturisce la forma.

Gli stessi titoli delle opere Void, Void Form, Void on Void, Void Module, sono curiosi e paradossali. Può il vuoto assumere una forma? Può essere visualizzato? Il Vuoto di Zucchini è più vicino alla concezione della cultura orientale che non di quella occidentale. È un Vuoto considerato come “pienezza”, all’origine dell’Universo e ciò da cui ogni cosa trae forma manifesta. È un Vuoto fecondo di potenzialità che permette ai fenomeni stessi di manifestarsi in un processo di interrelazioni dinamiche.

Sono queste quindi le motivazioni della scelta di un artista giovane e molto originale, già molto apprezzato in Italia e all’estero. Recentemente infatti alcune sue opere video sono state proiettate, per tre mesi, sulla facciata del FIESP Building, noto e importante grattacielo di San Paolo del Brasile.

 

 

 

Alice Traforti

Founder e Redazione | Vicenza
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