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Yoko Ono

Yoko Ono: I’ll Be Back

Collage mistico e visionario di realtà e fantasia, il film Imagine, prodotto e diretto da John Lennon e Yoko Ono, sarà riproposto nei cinema di tutto il mondo per ricordare l’anniversario del compleanno di John Lennon, nato il 9 ottobre del 1940. Nelle sale cinematografiche italiane sarà possibile riscoprire il film esclusivamente nei giorni otto, nove e dieci ottobre, restaurato e rimasterizzato. In occasione di Video città, lo Studio Stefania Miscetti a Roma presenta, dal 23 al 27 ottobre, The Yoko Ono Film Festival, retrospettiva di film, cortometraggi e video dell’artista. Per questa occasione, ArtTalkers ripresenta un’intervista all’artista realizzata allo Studio Stefania Miscetti nel giugno del 2010 durante una mostra personale, ispirata dal manifesto futurista, intitolata I’ll Be Back.

Icona della cultura popolare e della musica sperimentale degli ultimi sessant’anni, Yoko Ono ha inciso a fondo nello sviluppo dell’arte contemporanea anticipando, nei primissimi anni sessanta, le tendenze di Fluxus e di gran parte del concettuale. Fu lei fra i primi, con le Instruction paintings,  a dividere l’opera in due fasi, istruzione/realizzazione, e a proporre l’arte come struttura  empirica nel libro Grapefruit. La sua ricerca di connessione con il pubblico e l’apertura dell’opera d’arte a più chiavi di lettura divennero i cardini del “campo allargato” dell’arte negli anni settanta.  Nonostante questo, il suo lavoro è stato per molto tempo oscurato dall’ostile polverone mediatico suscitato dalla sua unione con John Lennon, che per questo l’aveva soprannominata “la più famosa artista sconosciuta del mondo: tutti sanno chi è ma nessuno sa cosa fa”. Pochi artisti hanno perseguito con la tenacia di Yoko un progetto costante: un messaggio di pace e di utopia costruttiva, l’invito allo spettatore di partecipare all’opera per immaginare con lei un mondo migliore.

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Yoko Ono con I’ll be back, 2010, Studio Stefania Miscetti, foto di Marco Delogu
Quali aspetti del Futurismo hanno ispirato questo suo progetto allo Studio Stefania Miscetti?

Yoko Ono: Non è un aspetto del Futurismo in particolare che mi ha colpito, piuttosto mi ha profondamente toccato l’incredibile energia pura, l’energia artistica dei futuristi e quindi ho pensato che sarebbe stato un bene dividerla con il mondo. Credo che sia importante mostrare che allora esistevano questo potere e quest’energia.

Pensa che oggi questa energia sia venuta meno e che il mondo dell’arte cerchi più che altro il consenso del mercato?

Yoko Ono: È proprio questo il punto, l’energia c’è ancora tutta, ma noi la reprimiamo. Ci sottoponiamo ad una specie di auto-censura, perché siamo tutti un po’ spaventati. Ci sono oggi in politica forti censure e quindi, da un punto di vista artistico, si pensa che sia meglio non impegnarsi e  fare, piuttosto, solo delle cose esteticamente piacevoli. Io ho pensato che è veramente un bene riproporre adesso questa forza, per riportare indietro tutta l’energia della ribellione.

Grapefruit, libro, 1964
Sempre a proposito di energia, che cosa le ha dato il coraggio di proporre opere così innovative agli inizi degli anni sessanta, quando aveva organizzato nel suo studio di New York le famose ‘Chamber Street Series’, nelle quali sono state gettate le basi dell’arte concettuale?

Yoko Ono: Devo dire che sono sempre stata una ribelle e ancora oggi mi considero tale. Molti dei miei pezzi concettuali erano descritti nel mio libro Grapefruit e uno di questi lavori, Balance Piece, concepito alla fine degli anni cinquanta, è stato oggi riproposto per il MACRO Future, qui a Roma. Molti si chiedono perché ripropongo pezzi che ho fatto tanto tempo fa. Il fatto è che io ora, come quando ho scritto Grapefruit, continuo a pensare all’importanza dell’amore, un argomento di grande rilievo oggi. Non cambia nulla quindi se un pezzo è stato fatto negli anni cinquanta o sessanta, oppure oggi. Quello che conta è continuare a parlare della potenza di questo sentimento. Nello stesso modo è importante parlare di energia e dunque anche dei futuristi e del loro coraggio. Anche Balance Piece è per me un pezzo estremamente importante. Con questo lavoro voglio comunicare l’idea che ci sono delle forze magnetiche che attirano la gente, come le grandi corporazioni, per fare un esempio. È come essere risucchiati da una grande calamita che ci attrae verso una direzione, e la gente si chiede: ‘cos’è che ci sta trascinando?’ Dunque: Balance Piece vuole riportare l’attenzione sul fatto che certi poteri sono subdoli, ci attraggono senza che ne siamo consapevoli. Invece dovremmo sempre avere la consapevolezza di quello che ci sta succedendo.

Durante le serate in Chamber Street si dice che vennero ad assistere i personaggi più famosi del mondo dell’arte di allora.

Yoko Ono: Sì, fui davvero fortunata perché alla serata inaugurale vennero Peggy Guggenheim e Marcel Duchamp, e allora tutti pensarono ‘Se questa gente va alla mostra di Yoko Ono allora deve essere qualcosa di speciale!’ E queste serate divennero molto popolari. Ogni sera venivano anche cento o duecento persone. Una sera vennero Duchamp e Max Ernst insieme e pensai ‘però, niente male’!

 Deve essere stata una bella soddisfazione per una giovane artista.

Yoko Ono: Allora forse non lo apprezzavo tanto, ma se ci ripenso, wow, era veramente fantastico!

Apple, 1966, plexiglas pedestal, brass plaque, apple, 14.3 x 17 x 17.6 cm. Private collection. © Yoko Ono 2014
 È vero che Marcel Duchamp, inventore del ready-made non si accorse della sua ‘Painting to be stepped on’, una tela sul pavimento che doveva essere completata dalle orme lasciate dalle scarpe dei partecipanti alla serata? 

Yoko Ono: Sì, pensavo che l’avrebbe notata, ma non fu così, che peccato!

 Per tutta la sua carriera lei ha perseguito l’idea di ‘pensiero positivo’. In quale modo pensare positivo può cambiare le cose? 

Yoko Ono: Naturalmente l’energia positiva aiuta sempre a cambiare. Però molte persone si sono chieste perché ho fatto anche tante opere che parlano del dolore, della paura, di cose negative insomma. La mia risposta a questa domanda è che portare alla luce la negatività, le paure, farle uscire, è importante, perché in questo modo scompariranno.

Cut Piece, 1964, performed by Yoko Ono in New Works of Yoko Ono, Carnegie Recital Hall, New York, March 21, 1965.Photograph by Minoru Niizuma© Minoru Niizuma. Courtesy Lenono Photo Archive, New York
Crede ancora nell’efficacia del ‘Bagism?’ (il ‘Bagism’ era una performance inventata con Lennon, nella quale Yoko e John si rinchiudevano in sacchi di tela nascondendosi agli sguardi per protestare contro le discriminazioni, di razza, sesso etc.).

Yoko Ono: Sì, il ‘Bagism’ era un altro concetto molto importante che cercavo di portare avanti, perché volevo attirare l’attenzione sul fatto che esistono tantissimi pregiudizi nel mondo, dal razzismo, al sessimo, tutte queste cose. Una volta che sei nascosto in un sacco di tela non hai razza, né colore, quindi la comunicazione fra esseri umani si svolge completamente su di un altro piano, da spirito a spirito.

 In una recente intervista Marina Abramovic ha detto che fare arte è un modo per farsi accettare. È d’accordo?

Yoko Ono: Sembra che io sia stata accettata ora, certamente molto di più di quanto non lo sia stata in passato! Ma c’è stato un lungo, lungo periodo di tempo durante il quale non lo sono stata affatto. Credo che il riconoscimento ottenuto alla Biennale di Venezia, quando nel 2009 mi è stato conferito il Leone d’Oro alla carriera, sia stato lo spartiacque. È stato allora che le cose sono cambiate.  Sì, credo che quello sia stato il momento in cui sono stata accettata, naturalmente parlo per quello che riguarda il mio lavoro nel campo dell’arte.

THE RIVERBED (Installation View), Andrea Rosen Gallery, New York
 Una volta lei ha detto: ‘essendo una ribelle incorreggibile mi nutrivo letteralmente delle avversità. Certo, faceva male, ma dopo tutto era meglio che essere adorata. Quello è il killer peggiore, credo.’ Crede che la creatività possa essere stimolata dagli eventi negativi della vita?

Yoko Ono: Sì, penso spesso a questa cosa. Ero così abituata alle avversità, ce ne sono state tante nella mia vita, che ho imparato a trasformarle in positivo. Sai, è un po’ come ‘rendere migliore una canzone triste’.. Per quanto riguarda essere adorata di certo è una cosa molto difficile da gestire, dovrò imparare!

Lei ha detto che ‘il destino è creato immaginando che tipo di destino vogliamo per noi’. Quanto è importante l’immaginazione per lei?

Yoko Ono: L’immaginazione è tutto! Prima bisogna immaginare delle cose e qualche volta l’immaginazione prende forma come desiderio. Quando desideriamo siamo anche in grado di riuscire a realizzare i nostri desideri.

This is not here, manifesto
 Questo mi fa venire in mente un episodio della sua infanzia che ho letto nella sua biografia. Durante la guerra, quando la sua famiglia era sfollata in un villaggio per sfuggire ai bombardamenti su Tokio, mancava il cibo e lei immaginava menù favolosi per sconfiggere la fame.

Yoko Ono: In realtà non immaginavo per me stessa ma per mio fratello. Quando l’ho visto così triste e affamato mi sono detta che dovevo fare qualcosa, e allora ho creato per lui un menù immaginario, un gran bel menù con tanto di antipasto, primi e secondi, e poi il gelato come dolce, cosa che lo aveva fatto particolarmente felice! E solo perché avevo inventato un menù concettuale, le cose erano cambiate in meglio. Vedi, io ero fatta così già da bambina!

 Il cielo sembra essere un’immagine che ricorre spesso nelle sue opere.

Yoko Ono: Sì, non so che cosa mi attiri particolarmente del cielo, a volte credo che alcuni di noi vengano da un altro pianeta, e quindi il cielo è la strada che li ha condotti fino a qui, forse è questo.

Se dovesse appendere un desiderio sopra uno dei suoi ‘alberi dei desideri’ (opere collettive nelle quali Ono invita il pubblico ad appendere dei bigliettini con i propri desideri ai rami di un albero secondo un’antica usanza giapponese) qui, oggi, che desiderio esprimerebbe?

Yoko Ono: Sui miei alberi dei desideri scrivo sempre ‘facciamo una bellissima opera d’arte insieme’, ma questa volta forse dovrei scrivere: restiamo tutti in salute e innamorati della vita.

Yoko Ono
Yoko Ono con Balance Piece, MACRO FUTURE, foto di Marco Delogu

 

Alessandra Alliata Nobili

Founder e Redazione | Milano
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