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Art Lawyers e la base giuridica della determinazione del successo

Banale, ma necessaria, premessa: non tutto è oro quel che luccica, non tutte le gallerie sono gallerie, non tutti gli artisti sono artisti, e via dicendo.
I parametri su cui fondare una valutazione sulle succitate categorie – e non solo – sono vari e variabili (per esempio storia dell’arte, mercato di riferimento, valore culturale…), ma su tutti è fondamentale una fiscalità su base giuridica che permetta al palco di stare in piedi e alle regole del gioco.

Negli ultimi anni, sono parecchi gli studi professionali e le realtà che si occupano di assistere il sistema in diverse fasi, come sono altrettante le avventure che nascono attirate dalla passione per l’arte, da una presunta facilità frutto di una regolamentazione non sempre chiara ed esistente, da una diffusa sensazione che ci si possa un po’ improvvisare attori del circuito contemporaneo senza tener conto di quegli aspetti tecnici che, se trascurati, possono generare incertezze future fino a portare a veri e propri disastri, non solo economici.

Per fare un po’ di chiarezza, ho intervistato l’avvocato Francesco Fabris che ha dato vita ad Art Lawyers, un network giuridico dedicato, e non solo ci racconta chi sono, cosa fanno e con chi lavorano, ma ci porta anche uno spaccato giuridico della situazione arte contemporanea in Italia.

 

Sei co-fondatore di Art Lawyers | Avvocati dell’arte. Quando e perché avete dato vita a questo network?

Francesco Fabris: ArtLawyers nasce nel 2015, un paio d’anni dopo il fortunato incontro con il mio “socio” Simone Morabito, avvocato di Torino, avvenuto proprio in occasione di uno dei pochi Master in Diritto dell’Arte che al tempo c’erano in Italia.
L’idea posso dire che sia stata il frutto di due passioni, quella per la nostra professione e quella per l’arte.
Da appassionati e collezionisti, frequentando questo mondo ci siamo resi conto della “sete” di nozioni e assistenza che avevano gli operatori del settore e, complice una recente produzione legislativa che ha manifestato interesse crescente per l’arte, abbiamo recepito lo stimolo di creare un “network” agile per soddisfare le esigenze tecniche delle figure che si muovono in questo contesto.
Le sedi fisiche nelle quali operiamo, ossia principalmente Venezia e Torino, sono poi curiosamente i poli entro i quali si colloca la migliore arte contemporanea d’Italia.

 

Da chi è composto il vostro team e quali sono i principali servizi che offrite?

Francesco Fabris: Oltre a noi due, soci fondatori, il network si avvale delle forze professionali dei nostri studi e di preziose collaborazioni non solo con avvocati, ma anche con periti, curatori, giornalisti ed esperti d’arte in genere che ci aiutano, come i nostri studi continui, a mantenere il contatto con questo mondo.
Forniamo servizi – direi in misura uguale – ad Enti ed Istituzioni culturali, gallerie e case d’asta, artisti e collezionisti, anche corporate.

I temi spaziano dalla consulenza contrattuale per mostre ed eventi al contenzioso sulle attribuzioni, dalla sponsorizzazione alla gestione degli archivi.
Assistiamo poi ad operazioni di compravendita e a vicende di rilievo anche penale e, cosa alla quale prestiamo particolare attenzione, agevoliamo lo scambio tra impresa ed artisti per generare occasioni di compartecipazione a progetti artistici e culturali.

Da anni, poi, svolgiamo l’attività di docenza in Master rivolti ad avvocati e commercialisti ove trattiamo il Diritto dell’Arte e, parallelamente, pubblichiamo i nostri interventi su riviste scientifiche e di arte, partecipiamo poi a convegni anche in occasione di fiere e rassegne.

 

La vostra attività si svolge maggiormente in ambito privato o istituzionale?

Francesco Fabris: Come ti dicevo, direi che la presenza si equivale.
Forse quantitativamente le prestazioni a favore di privati (anche artisti) sono superiori, ma quelle ad Enti Culturali sono di livello qualitativamente superiore, avendo avuto la fortuna di prestare assistenza nella fase contrattuale che ha riguardato eventi anche molto noti.

 

C’è qualche consiglio che ti senti di dare a chi opera, a diversi livelli, nel settore del contemporaneo?

Francesco Fabris: Direi che circa 15 anni fa, quando mi sono autonomamente avvicinato all’arte contemporanea (sarei comunque, anzi sono, figlio di antiquari), ebbi modo di verificare che il mondo dell’arte temeva le incursioni del diritto, che identificava quasi esclusivamente con le questioni penali legate ai falsi e alle trafugazioni.

Con il tempo, anche se con un po’ di fatica, mi sono accorto che l’atteggiamento è molto cambiato e che gli operatori del settore (dai galleristi ai collezionisti, dalle istituzioni agli artisti) si sono resi conto che una buona gestione anche “giuridica” dei rapporti agevola la loro attività e li qualifica agli occhi dei soggetti con i quali si relazionano.

Il mio consiglio, dunque, è quello di continuare su questa strada, perseverando nel considerare la maggiore regolamentazione dei rapporti come un’occasione di crescita e sviluppo del movimento, soprattutto in Italia.

 

Quali sono le problematiche più diffuse che avete rilevato nei circuiti dell’arte, indifferentemente lato artisti, intermediari o collezionisti?

Francesco Fabris: Direi che oltre alle problematiche legate a particolari forme di contratti (per mostre, eventi e sponsorizzazioni), i temi che ci sono più cari riguardano i rapporti con gli archivi ed i problemi a ciò connessi e, in maniera ricorrente, le criticità che riguardano le restrizioni alla libera circolazione delle opere d’arte.

Un argomento che di recente ci sta occupando è invece il rapporto arte/impresa, ossia le forme più evolute di collaborazione tra un artista ed imprese che non pensano tanto alla mera sponsorizzazione quanto alla realizzazione e condivisione, anche con i propri dipendenti, di un’operazione “artistica” coinvolgente e utile per l’immagine.
In questo senso abbiamo tenuto importanti convegni, anche in consessi universitari.

 

A questo punto, mi chiedo se le problematiche sottese al mercato italiano siano analoghe a quanto accade all’estero.
In base alla vostra esperienza, quali sono le principali differenze tra il sistema legislativo in Italia e a livello internazionale, sempre a proposito di contemporaneo?

Francesco Fabris: Nella nostra esperienza possiamo dire che le problematiche interne ed estere siano tutto sommato sovrapponibili, nonostante sia difficile effettuare un paragone tra normative diverse.
Direi che, sotto il profilo delle transazioni, il resto del mondo è più portato a valorizzare il percorso che l’opera ha fatto piuttosto dei certificati che la accompagnano, e le transazioni sono di certo più agili e profondamente corredate da documenti inerenti la “due diligence che viene compiuta sul bene.

 

A tuo avviso, qual è il contesto che necessita di maggior tutela?

Francesco Fabris: Devo necessariamente ripetermi, ma quello della trasparenza dell’attività degli archivi, oggi praticamente priva di regole, è un problema che mi viene frequentemente sottoposto da collezionisti, galleristi e case d’asta.
È una questione nevralgica che, ora come ora, condiziona sicuramente il mercato di certi artisti anche di rilievo e, in generale, il rapporto tra i protagonisti del mercato e l’archivio, ossia lo scrigno in cui è custodita la vita privata e professionale dell’artista.

 

Quale ambito sarebbe invece necessario ripensare maggiormente per favorire uno sviluppo del mercato?

Francesco Fabris: Qui la risposta è purtroppo decisamente banale. Al di là di una auspicata regolamentazione dell’attività degli archivi e delle fondazioni, ho la sensazione che ciò che limita il mercato italiano sia una pesante imposizione fiscale (iva e diritto di seguito) che rende poco appetibile l’acquisto nel nostro paese.
Dall’altra parte, le modalità con le quali lo Stato tratta le transazioni tra privati genera a mio avviso, sotto il profilo fiscale, una incertezza che di certo non agevola lo scambio e, così, il ritorno sul mercato di opere anche di pregio.
Un provvedimento che definisse con chiarezza il regime applicabile penso potrebbe giovare all’intero sistema incentivando gli acquisti e gli scambi successivi.
Non da ultimo, si potrebbe auspicare un completamento delle più significative normative di riferimento, ossia la Legge sul Diritto d’Autore ed il Codice dei Beni Culturali, per accogliere le forme d’arte più d’avanguardia che implicano la partecipazione di più soggetti o, addirittura, quella di intelligenze artificiali.

 

Immagino che anche voi siate degli appassionati o collezionisti d’arte, giusto?

Francesco Fabris: Dici bene. La nostra passione è molto forte, seguiamo da anni il mercato, ma non manchiamo di studiare e documentarci perché la conoscenza degli artisti è un necessario complemento alla nostra attività.
Siamo onnipresenti a fiere, mostre ed eventi anche internazionali, e assolutamente non soltanto per questioni di lavoro.
I nostri gusti, come è giusto che sia, sono però un po’ diversi. Mentre Simone è attirato dal binomio arte e tecnologia e quindi da opere più “avveniristiche”, io sono molto legato al concettuale puro in tutte le sue declinazioni (dalla land art alla body art, dalla performance alla fotografia) e meno dalla pittura più tradizionale.
Mi diverto dunque a studiare e documentarmi, e così nel tempo ho “attraversato” più correnti (dalla op art alla pittura analitica, passando per qualche avanguardia estrema) per poi soffermarmi su quello che trovo maggiormente stimolante.
Lasciami però dire che una delle opere cui sono più affezionato è una “Antenna” del bravissimo Emiliano Zucchini. Fu un dono, elegantissimo, che mi fece per la nascita di mia figlia Mia, e devo dire che sta portando fortuna a me e a lui, che finalmente sta ottenendo i risultati e i riconoscimenti che merita.

A fianco alla passione più “materiale”, comunque, ho fondato una associazione culturale (Dumbo Docks) a Porto Marghera, nella periferia industriale di Venezia, ove vengono ospitate mostre e iniziative artistiche anche più tradizionali rispetto ai miei gusti.
In alcune aree italiane, poi, spendo la mia attività cercando di avvicinare l’arte all’impresa, ovvero portando eventi e iniziative in zone e contesti apparentemente di scarsa vocazione artistica.
A breve, spero, prenderà il via una entusiasmante iniziativa di cui magari vi parlerò in seguito.
Insomma, cerco di vivere e lavorare con e per l’arte, e la ritengo una fortunata illuminazione.


Maggiori informazioni su Art Lawyers disponibili al sito internet ufficiale.

Alice Traforti

Founder e Redazione | Vicenza
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